Gian Piero Scevola
nostro inviato a Appiano
In principio era Ronaldo contro Simeone. Oggi è Veron, ma anche Samuel, Cambiasso, Javier Zanetti, Kily Gonzalez contro Adriano. L’eterna faida tra argentini e brasiliani ritorna dirompente a sconvolgere lo spogliatoio dell’Inter. Quello che è successo martedì sera al termine del primo tempo col Villarreal, ma anche al termine della partita, è l’ennesima dimostrazione di quanto tesi siano i rapporti in casa Inter, un malessere ricorrente e che nessuno, da Massimo Moratti a Giacinto Facchetti, men che meno l’allenatore Roberto Mancini, è riuscito ancora a risolvere.
Una storia infinita di incomprensioni, quella dell’Inter, che nell’infierno amarillo del Madrigal ha scritto l’ennesimo capitolo oscuro. Al quale si aggiungono le contestazioni dei tifosi nerazzurri che, prima all’aeroporto di Villarreal e poi ieri mattina alla Malpensa, hanno “salutato” l’eliminazione dei nerazzurri dalla Champions. E al centro dell’attenzione e delle recriminazioni, soprattutto uno: Leite Ribeiro Adriano, l’Imperatore ormai scaduto al ruolo di servo della gleba, visto il trattamento riservatogli dai compagni e dai tifosi. La pallida ombra, la brutta copia del giocatore che aveva trascinato il Brasile a conquistare la Coppa America nel 2004 e la Confederations Cup l’anno successivo e che aveva risvegliato i sopiti ardori del popolo nerazzurro. I compagni ne hanno fatto il capro espiatorio, il responsabile principale della sconfitta (e intanto l’Inter ha perso quasi 10 milioni tra incassi e diritti tv). Al termine del primo tempo, dopo che Veron aveva aspramente altercato col connazionale Sorin (reo di non volerlo in nazionale), tra le mura dello spogliatoio nerazzurro è successo il fattaccio: Veron (per lui una distorsione alla caviglia con interessamento dei legamenti), spalleggiato da Samuel, Cambiasso e persino dal pacifico capitan Zanetti, uno che fa dell’ovvio una regola di vita, hanno letteralmente messo spalle al muro Adriano, accusandolo di non dare tutto alla squadra e di essere una autentica palla al piede. Sono volate parole grosse, anche spintoni tra Adriano e Veron (che già in passato si era distinto per le critiche ai cronici ritardi del brasiliano) e solo grazie all’intervento dei massaggiatori e di Mancini la lite non è degenerata. Stessa scena, o quasi, a fine gara, ma la stanchezza e la delusione hanno raffreddato gli animi, così come la comparsa nello spogliatoio di Massimo Moratti che, scuro in volto come mai nel passato, si è limitato a qualche frase di circostanza, lasciando subito la parola a Mancini. E qui il tecnico non si è fatto pregare: per la bellezza di 40 minuti ha torchiato la squadra, mettendo ciascuno di fronte alle proprie responsabilità, con Moratti in silenzio che annuiva.
Poi in nottata il rientro (con Adriano in fondo all’aereo e gli argentini davanti), la bollente accoglienza dei tifosi a Malpensa, la squadra costretta a scappare da un’uscita secondaria e le considerazioni del presidente Facchetti, che già dopo la gara era stato durissimo («Squadra senza carattere, grinta e convinzione»). E ieri Facchetti ha ribadito: «È una grande delusione. Il Villarreal non godeva dei favori dei pronostici e quanto di buono avevo detto sull’Inter, dopo l’andata, è stato cancellato dalla prestazione di martedì sera. Abbiamo fatto davvero poco ed è difficile trovare una spiegazione. È chiaro che in questo momento non abbiamo più gli obiettivi che ci eravamo fissati, ma dobbiamo lottare per il secondo posto in campionato che ci consentirebbe di programmare al meglio il prossimo anno». Perfino Silvio Berlusconi è rammaricato: «Peccato, peccato, peccato.
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