Lugagnano - Ci sono due coniugi, innocui e onesti, morti in modo brutale. C’è un ragazzo di vent’anni arrestato per averli uccisi e che, almeno in parte, ha confessato. Ma tutto quello che c’è dietro e intorno alla rapida fine del giallo di Lugagnano è più faticoso da raccontare. Perché, se da un lato nulla giustifica la violenza con cui Luigi «Gigi» Meche e sua moglie Luciana sono stati ammazzati, dall’altro gli stessi carabinieri che hanno arrestato l’assassino appaiono a disagio, quasi imbarazzati nel raccontare quanto sta emergendo. «Io credo - dice il colonnello Claudio Cogliano - che per rispetto verso chi è morto e verso chi è sopravvissuto certi particolari non vadano raccontati».
Il moldavo in fuga - che poi moldavo non era ma romeno, Claudiu Stoleru, vent’anni fatti da poco, biondo e smilzo - è stato arrestato giovedì sera, ventiquattr’ore dopo il delitto. Lo hanno agganciato, guidati dalle tracce del telefonino, sul molo del porto di Civitavecchia, dove - stremato, gli occhi gonfi - stava cercando di imbarcarsi per la Sardegna. Ha confessato quasi subito di avere ucciso Luigi Meche, con un martello. Ma quando si è trattato di spiegare la morte della moglie, di Luciana, il suo racconto ha inciampato, si è fatto confuso, si è fermato. È in stato di arresto per duplice omicidio volontario. Ma se al colonnello Cogliano si chiede se ci sia la certezza assoluta che Stoleru abbia ucciso anche la signora Luciana la risposta è: «No. Questa certezza ancora non l’abbiamo».
Allora bisogna cercare di stare ai punti fermi dell’indagine: che sono tanti, anche se non sono tutti. Claudiu è arrivato a Verona da poche settimane, ha trovato quasi subito lavoro da Gigi Meche: va con lui in giro a imbiancare, lo aiuta a sistemare la villa di via Tirso. Meche si prende cura di lui, lo aiuta a chiedere il permesso di soggiorno, a fare domanda per la patente. Tra i due, l’uomo maturo e il ragazzo, nasce un’amicizia. Non è la prima volta, raccontano ora in paese, che Meche sbanda per qualche sbarbato.
Mercoledì pomeriggio, come di consueto, Luciana Meche va a fare la spesa: ma ci va da sola. Suo marito è a casa, insieme a Claudiu. Scendono nella cantinetta, bevono un limoncello. Poi iniziano le avances di Meche. Non è la prima volta. Claudiu, anche stavolta, accetta. Per riconoscenza, per soldi, per sudditanza, perché gli piace? In quel momento, torna a casa Luciana e assiste alla scena. I carabinieri dicono proprio così, «assiste». Ma vuol dire che scopre per caso, e che, come è immaginabile, inorridisce e si arrabbia? O che fa da spettatrice? Ed è già semisvestita, come verrà trovata sette ore dopo?
Sta di fatto che è in quel momento che l’accordo tra Meche e il ragazzo romeno si rompe. Scoppia la lite, furibonda. Stoleru colpisce Meche sulla testa, più volte, con un martello. Un macello, c’è sangue dappertutto. E a quel punto Stoleru si dedica a un’opera meticolosa, quasi surreale, per nascondere le tracce: copre il corpo di Meche con dei cartoni, pulisce il sangue da terra, imbianca persino i muri. Poi decide che è venuto il momento di cambiare aria in fretta. Corre nella casa poco distante dove divide una stanza con altri romeni, raccoglie le sue poche cose, e via verso Roma.
E la signora Luciana, come muore? E perché? Viene trovata in camera da letto, senza slip, seminascosta da una coperta. L’autopsia dice che è stata prima colpita al volto, con qualche oggetto, o sbattendola contro una parete. E poi soffocata. Ma il supplizio della elegante, brillante signora Luciana avviene in due fasi distinte e forse in luoghi diversi.
Perché la scala a chiocciola che dalla cantina sale alle camere da letto è sporca di sangue: se è il sangue di Luciana, vuol dire che la donna è stata prima aggredita, nella stanza dell’incontro a luci rosse, e poi finita. Solo Claudiu Stoleru, se ritroverà la memoria, potrà dire se è stato lui a fare tutto. O se la brutta storia di Lugagnano ha altri risvolti indigesti da raccontare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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