da Roma
Era già da qualche giorno che tra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi i rapporti andavano facendosi un po’ freddini. Al punto che martedì scorso alla Camera Roberto Calderoli, Federico Bricolo e Aldo Brancher hanno conversato a lungo nel tentativo di trovare una soluzione in extremis per ricomporre la querelle veronese. Dove per la poltrona di sindaco sono in lista due candidati del centrodestra: il leghista Flavio Tosi (sostenuto anche da An) e l’udc Alfredo Meocci (appoggiato da Forza Italia). La disputa, però, si trascina ormai da troppo tempo e il Senatùr ha fatto sapere all’ex premier di non sentirsela di «andare a mettere bocca nelle questioni venete così a ridosso dalle elezioni». Ragione per cui nel capannello di Montecitorio si è deciso di organizzare un incontro a Arcore tra Berlusconi, Meocci e Tosi. Insomma, per usare le parole di Bossi, «deve essere Silvio a convincere i due a fare un passo indietro». La mediazione, però, non è andata affatto a buon fine.
Così, a dare il là al grande gelo è una nota ufficiale di Forza Italia che - con tempismo perfetto e a neanche due ore dalla riunione del Parlamento del nord a Vicenza - mette nero su bianco il sostegno a Meocci. «Esperiti tutti i tentativi per raggiungere il risultato di concordare un candidato unitario» - recita il comunicato di Sandro Bondi, Fabrizio Cicchitto e del coordinatore veneto Niccolò Ghedini - «prendiamo atto che l’obiettivo non è stato raggiunto» e dunque, «come è stato concordato» Forza Italia «sosterrà la candidatura di Meocci». Apriti cielo. Da Vicenza, dove si va riunendo lo stato maggiore del Carroccio, è un vero e proprio fuoco di sbarramento. Con Bossi che intercettato dai cronisti non si tira indietro. «Berlusconi - attacca - ha fatto un po’ di pasticci. Prima ha detto che Meocci si ritirava se si ritirava il nostro. Ma noi abbiamo aspettato perché avevamo capito che non avrebbe abbandonato. E adesso siamo lì». Ben più duro, invece, Roberto Maroni che parla di «disgregazione della Casa delle libertà». «Purtroppo - dice il capogruppo della Lega alla Camera - sta avvenendo sul territorio quello che si è già verificato a Roma». Di questo, spiega, il Carroccio non può che «prendere atto e adeguarsi», sempre più convinto che «è meglio avere le mani libere perché il nostro compito fondamentale è arrivare al federalismo». Così, mentre Roberto Calderoli si limita a parlare più diplomaticamente di «strategia delle due punte», Maroni arriva a mettere in forse l’invito al leader di Forza Italia a partecipare alla prossima riunione del Parlamento del nord del 5-6 maggio, un appuntamento già concordato da tempo. «Mi pare - dice l’ex ministro del Welfare - che le condizioni stiano cambiando. Valuteremo come ufficio di presidenza se Berlusconi se lo merita. Ma temo che non sarà possibile invitarlo visto quanto ha deciso di fare a Verona e in altre città». Sulla questione, però, Bossi non si sbilancia e si limita a dire che «certi pasticci non sono il sintomo di un disaccordo tra i partiti». Anche se sul partito unico non lascia margini: «Siamo allergici».
Sulla querelle, però, il Cavaliere preferisce non intervenire e intercettato dai giornalisti durante una manifestazione di Forza Italia a Roma si limita a dire di non voler commentare «per carità di Patria». Non si fa attendere troppo, invece, la reazione di Cicchitto che invita Maroni a «chiedere scusa» all’ex premier perché «è stata la Lega a non mantenere l’accordo a cui si era impegnata nella riunione di Arcore con gli altri partiti della Casa delle libertà». Intesa, ricorda il vicecoordinatore azzurro, secondo la quale «sarebbe stata l’Udc a indicare il candidato per Verona». Insomma, «la trovata di Maroni è paradossale» visto che proprio Berlusconi «negli ultimi 21 giorni ha lavorato incessantemente per portare il centrodestra all’unità».
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