da Milano
Devesser per questo che Berlusconi e Bossi alla fine trovano sempre la «quadra», lultima quella di ieri sui ministeri. Son 14 anni che si punzecchiano, che vivono sul filo di un amore e odio a volte complesso ma sempre viscerale, lUmberto che non ne manda a dire e sinfervora e litiga, Silvio che ogni volta stupisce tutti, e invece di lasciarlo andare per la sua strada, il sanguigno alleato leghista, media, ricuce, dai ragioniamo, facciamo la pace.
Tutto torna, col senno di poi. Là dove il poi è quellintervista alla Stampa in cui Veronica Lario la consorte del Cavaliere, con il consueto determinato candore dice così: «Sono la componente leghista della famiglia. Ma, come è ovvio, non ho votato Lega». Leggi lintervista, dallurgenza di varare il federalismo alla questione settentrionale alla necessità di «traghettare le istanze leghiste in progetti concreti» e capisci che, se è vero che dietro a un grande uomo cè sempre una grande donna, allora forse in questi 14 anni cè stato lo zampino di Veronica, fra il Silvio e lUmberto.
Lui, il consorte premier in pectore, ieri forse ha colto lassist o forse ha soltanto detto la verità, fatto sta che a chi gli domandava che ne pensasse, della moglie padana, ha risposto sorridendo: «Vede? Almeno così tutti possono rendersi conto di come siamo compatti e di come saremo coesi nelle decisioni che riguardano il Paese». Il fatto è che lintesa con Bossi era appena stato raggiunta, con Berlusconi cortese a spiegare che «visto che Bossi è venuto da ma tantissime volte ho ritenuto di andare io da lui» e con il ruvido leader del Carroccio a dire che sì, è andata bene, «in questi giorni sono stato bravo e paziente...». E allora capisci anche perché il sodalizio fra i due è inossidabile, e guai a chi ci mette il dito.
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