«VERONICA MARS» VA AL POSTO GIUSTO

Tra le serie televisive più ballerine, intendendo con questo termine i vorticosi cambiamenti di orario che frastornano i telespettatori, Veronica Mars è tra quelle che si piazzano in ottima posizione tra le fiction di più recente importazione. Ora, dopo una peregrinazione in seconda e terza serata, l'accorpamento demenziale di più puntate una dietro l'altra e gli spostamenti di serata, sembra si sia finalmente giunti a una messa in onda costante, ogni sera alle 20,15 su Italia 1 una puntata per volta come è giusto che sia. Dal momento che le serie televisive stanno diventando un genere molto seguito e ancor più sfruttato anche dalle reti generaliste, non si vede perché i principali network pubblici e privati non prevedano di avere, tra le loro file di programmisti e di supervisori non sempre utilissimi, qualche competente conoscitore del mercato d'oltreoceano in grado di valutare e saper piazzare al posto giusto dei palinsesti quel che viene comprato e mandato in onda con frequente leggerezza, irritando lo spettatore e spesso disaffezionandolo ai telefilm anziché incentivarne la visione. Chiusa la parentesi polemica, va detto che Veronica Mars è una serie rivolta al pubblico giovanile che viene considerata a metà strada tra O.C. e Twin Peaks. Racconta infatti le peripezie dell'omonima protagonista (interpretata da Kristen Bell) che, in seguito alla morte violenta della sua migliore amica e alla perdita del posto di sceriffo del padre, si inventa detective e si caccia conseguentemente in una ricca serie di guai. La particolarità del telefilm, capace di non farlo assomigliare troppo al filone dedicato ai tormenti adolescenziali, è quella di virare decisamente verso il noir, dandogli quindi una connotazione non ancora inflazionata. L'intreccio tra gli aspetti sentimentali, i conflitti generazionali e i tormentati percorsi della crescita giovanile trova un convincente sbocco sul versante dell'indagine poliziesca, a tutto vantaggio della vivacità del racconto.

Kristen Bell non è forse l'interprete ideale per questo tipo di storia, essendo un po' troppo «perfettina» per un ruolo in cui occorre sporcarsi le mani tra un'avventura e l'altra nella provincia californiana, ma la sceneggiatura l'aiuta con dialoghi non banali, qualche lampo di umorismo («Volete sapere come ho perso la verginità? Vorrei saperlo anch'io») e una batteria di buoni attori ad affiancarla (tra cui Jason Dohring e Teddy Dunn) capaci di ritagliarsi spazi importanti e mai marginali nelle vicende. Molto curate le musiche, come spesso succede in questo genere di telefilm rivolto al pubblico giovane. Qui la sigla iniziale, ad esempio, è We used to be friends dei Dandy Warhols.

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