da Parabiago (Milano)
Doveva trattarsi di un semplice controllo amministrativo, allinterno di un capannone di via Marconi a Parabiago, in provincia di Milano, acquistato tempo fa da un gruppo di cittadini marocchini. Ma quando nei giorni scorsi il sindaco e i carabinieri hanno potuto mettere il naso dentro la struttura, hanno fatto fatica a credere ai loro occhi. Oltre la porta cera infatti una scuola coranica, con tanto di banchi, sedie e unottantina di bambini muniti di cartelle, libri e quaderni intenti a seguire in silenzio e con attenzione, gli insegnamenti impartiti loro da alcuni preparati insegnanti. Il tutto sotto locchio vigile di una sorta di «preside».
Olindo Garavaglia, il primo cittadino, lassessore leghista con delega allUrbanistica Raffaele Cucchi e gli uomini in divisa hanno fatto fatica ad entrare. «Pretendevano addirittura che ci levassimo le scarpe come accade nelle moschee», ha raccontato stupito il sindaco.
Agli occupanti è stata intimata la cessazione di ogni attività, ma linvito, a quanto pare, non è stato minimamente tenuto in considerazione. Tutto continua a svolgersi come prima, nonostante i divieti e le proteste della gente che abita nei dintorni e che teme che quella struttura possa essere qualcosa di diverso da un semplice luogo di incontro. Per questa mattina è in agenda un altro sopralluogo dellAsl chiamati ad accertare lagibilità della struttura. Intanto, in Comune si è messa in moto la macchina amministrativa che dovrebbe portare ad unordinanza di chiusura del centro di via Marconi; un atto che comunque richiede tempi lunghi.
«Lattività del nostro assessore si legge in comunicato della Lega Nord ha permesso di scoprire luso improprio di aree a destinazione industriale. Dopo la macellazione illegale di animali, avvenuta durante la Festa del Sacrificio (300 pecore sgozzate e finite a colpi di bastone ndr) che ha gettato ombre sulla nostra città, registriamo anche questo nuovo caso. Il segno evidente di come questi signori dellIslam intendono integrarsi e integrare i loro bambini».
Per i marocchini, soci dellassociazione culturale «La Fratellanza», dietro il capannone preso in affitto nel 2005 e poi acquistato, non si nasconde alcuna scuola coranica, né altro luogo sospetto. Più semplicemente un posto dove ritrovarsi e dove i loro figli, nati in Italia, possano avere un luogo dove imparare larabo e la cultura dei loro avi. «In città ci sono tante associazioni culturali che dispongono di una sede propria spiegano alcuni di loro -; per quale motivo a noi si vuole impedire di averne una? Non abbiamo chiesto nulla al Comune ed inoltre ci siamo autotassati e acceso un mutuo per poter acquistare il capannone. Dentro non facciamo nulla di male, né di illegale».
Da quanto si è appreso, la comunità di stranieri frequenterebbe il centro un paio di volte la settimana. I bambini, invece, in età compresa fra i 7 e i 13 anni, assisterebbero agli insegnamenti loro impartiti soltanto la domenica.
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