Vertice tra Abu Mazen e la Livni: riparte il dialogo israelo-palestinese

Olmert sblocca 11 milioni di dollari di rimesse fiscali: andranno in aiuti medici, non a Hamas. «Iran a pochi mesi dall’atomica»

Gian Micalessin

Si riparte. Dopo il lungo, infinito tormentone elettorale aperto dalla malattia di Ariel Sharon e chiuso dalla formazione del nuovo governo di Ehud Olmert le relazioni israelo-palestinesi escono dal filone della retorica e della violenza e riprendono il difficile cammino negoziale. A disegnarne la rotta sono il premier israeliano - partito ieri per un complesso vertice alla Casa Bianca - e i suoi due vice, il ministro degli Esteri signora Tzipi Livni e il numero due Shimon Peres che approfittano del World Economic Forum a Sharm el Sheik per riaprire la stagione dei vertici con il presidente palestinese Abu Mazen.
Come tutte le inaugurazioni anche questa parte con le migliori intenzioni. Olmert prima d’imbarcarsi per Washington annuncia lo sblocco d’una parte delle rimesse fiscali palestinesi, per oltre 55 milioni dollari mensili, congelate dopo la vittoria elettorale di Hamas. Neppure uno degli 11 milioni di dollari pronti per la restituzione finirà però nelle casse dell’Autorità palestinese controllata da Hamas. Israele, avvalendosi dei consigli di alcuni osservatori internazionali, impiegherà quei soldi per acquistare le forniture mediche più urgenti e trasferirle agli ospedali di Gaza al collasso. Hamas liquida questi segnali d’apertura come pretattica in vista dell’incontro allo Studio Ovale.
Se anche così fosse, la partita di Olmert resta complessa. L’amministrazione americana non ha gradito l’enfasi con cui il governo israeliano ha annunciato l’intenzione, in mancanza di un partner negoziale affidabile, di definire unilateralmente i propri confini e quelli palestinesi. Per la Casa Bianca quell’annuncio anticipato è una sconfessione della “road map” e del ruolo del “quartetto negoziale” formato da Stati Uniti, Unione Europea, Onu e Russia. Per cavarsela e mantenere gli eccellenti rapporti instaurati dal suo maestro e predecessore Ariel Sharon, Olmert dovrà probabilmente rivedere e ridefinire i piani per il ritiro dalla Cisgiordania. Gran parte dell’incontro sarà però dedicato alla questione nucleare iraniana e ai rapporti tra i due alleati. L’argomento è scottante e impellente, visto che Olmert dichiara alla Cnn di considerare l’Iran a pochi mesi dall’acquisizione del «pieno know how tecnico» per la costruzione di ordigni nucleari.
Mentre il capo vola sull’Atlantico la Livni, appena uscita dall’incontro con il presidente palestinese, fa capire che i nuovi negoziati potrebbero riguardare anche il tracciato della barriera di separazione e quindi dei futuri confini. Il presidente palestinese approfitta invece del contesto internazionale per rubare la scena al governo di Hamas e annunciare il possibile avvio di «nuovi e imminenti negoziati», presentandosi come l’unica autorità preposta a trattare con Israele. Per mettere a punto il giochetto politico diplomatico che gli consentirà di tagliar fuori il governo di Ismail Haniyeh, Mazen conta sulla propria carica di capo del comitato esecutivo dell’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina). «Le trattative con il governo israeliano sono storicamente sotto la giurisdizione dell’Olp, di cui io dirigo il comitato esecutivo - assicura Mazen dall’Egitto -. I colloqui passeranno attraverso il dipartimento degli affari negoziali dell’Olp e il governo palestinese non avrà nulla da obbiettare».
La sicumera egiziana di Mazen deve fare i conti con le poco incoraggianti notizie di una Striscia di Gaza sull’orlo della deflagrazione. Dalla Striscia continuano ad arrivare notizie da far tremare i polsi. All’indomani della bomba che ha ferito il capo dell’“intelligence generale” Tareq Abu Rajab, uno dei pretoriani più fedeli a Mazen e più lontani da Hamas, un’altra bomba di 70 chili sarebbe stata disinnescata davanti all’abitazione del capo della sicurezza preventiva Rashid Abu Shbak.

Viene considerata poco attendibile, invece, la rivendicazione dell’attentato di sabato da parte di un’organizzazione autodefinitasi Organizzazione di Al Qaida dello Stato di Palestina, che sostiene di esser riuscita a piazzare l’ordigno nell’ascensore di Abu Rajab. Oltre a provenire da un gruppo finora sconosciuto, la rivendicazione è stata ritrovata su un sito internet non utilizzato solitamente dai gruppi dell’integralismo terrorista.

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