Abbonati a ilGiornale PDF Premium
potrai consultarlo su PC e su iPad:
25 euro per il mensile
120 euro per il semestrale
175 euro per l'annuale
IL VERTICE DI COPENAGHEN
Meravigliarsi del fallimento della carnevalata di Copenaghen è come meravigliarsi che stamattina, quando ci siamo alzati dal letto, il sole fosse già sorto. Personalmente, a dire il vero, mi sento un po' mortificato. Avevo a suo tempo già previsto su queste pagine i fallimenti delle Conferenze dell'Aia (2000) e di Bali (2007), e infatti entrambe fallirono. Come se non bastasse, ogni tanto sono invitato alla radio o alla televisione, ove non faccio altro che dire a voce ciò che qui metto nero su bianco. Il senso di mortificazione nasce dal fatto che mi sento un disco rotto, condannato a ripetere che non c'è da meravigliarsi che il sole sia sorto questa mattina e che continuerà a sorgere tutte le mattine sino alla prossima era glaciale, e oltre.
In questi anni ho cercato di guardare al necessario fallimento di queste conferenze da angolazioni sempre diverse, non foss'altro per non annoiare il lettore e me stesso. Con la pazienza certosina ormai incallita, tentiamo anche oggi un altro cammino, con l'avvertenza che il punto d'arrivo sarà sempre lo stesso: l'ineluttabilità del fallimento della questione climatica finché ci si ostina ad affrontarla seguendo l'agenda di quel concentrato di crassa ignoranza che sono le associazioni ambientaliste di ogni ordine e grado.
Facciamo i conti della serva, che sono sempre i migliori. Bisogna innanzitutto sapere che la produzione elettronucleare mondiale (300 gigawatt) incide per circa il 6% sulla produzione d'energia primaria. Detto diversamente, i reattori nucleari del mondo evitano l'immissione in atmosfera del 6% della CO2 immessa dall'uomo. Ergo, se si volesse ridurre le emissioni di CO2 del 6% entro il 2020, dobbiamo entro quella data raddoppiare il parco elettronucleare mondiale: 300 nuovi reattori nucleari nel mondo entro il 2020, per i quali servirebbero 1.000 miliardi di dollari. Capite, o potenti del mondo, perché continuerete a fallire anche se vi azzardaste a fantasticare di voler ridurre le emissioni solo di un miserrimo 6%?
Non contenti, però, non solo il miserrimo 6% non vi basta e mirate alle alte (si fa per dire) sfere del misero 20%, ma la parola nucleare non la nominate neanche, mentre vi riempite la bocca di turbine eoliche e tetti fotovoltaici (FV). Ora, per fare quel che fa una centrale nucleare (3 miliardi di euri) sarebbe necessario un parco eolico di 6000 turbine (6 miliardi di euri) o un parco FV da 60 miliardi di euri. Ergo, per ridurre le emissioni di un miserrimo 6% dovreste impegnare o 2.000 miliardi di euri in 2 milioni (fatemelo ripetere: 2 milioni) di turbine eoliche o 20.000 miliardi di euri (fatemelo ripetere: 20.000 miliardi) nei tetti FV equipollenti. Insomma, dopo 10 anni, i 100 miliardi l'anno proposti da Obama avranno l'effetto di ridurre le emissioni solo del 6% purché impegnati tutti nel nucleare, del 3% se impegnati nell'eolico e dello 0,3% se impegnati nel fotovoltaico. Capite, allora, o potenti del mondo, che i vostri consiglieri, anche se premi Nobel, vi (ci) stanno prendendo per i fondelli?
Purtroppo deve ancora venire - si fa per dire - il bello. E il bello è che le dette migliaia di miliardi di euri spesi in turbine eoliche e in tetti FV ridurranno, sì, le emissioni globali del 6%, ma non consentiranno la chiusura di alcun impianto convenzionale, sia esso a gas, a carbone o nucleare: devono esserci tutti per garantire l'assenza di black out quando il sole non brilla o il vento non soffia. Capite allora, o potenti del mondo, che le tecnologie eolica e FV sono una colossale frode, la prima, e una colossale frode al cubo, la seconda?
Qualche anima candida insiste che dovremmo invece ridurre l'uso dell'energia. Una riduzione di quel misero 20%, spalmata su tutti i settori che usano l'energia, significa, ad esempio, che 20 giorni ogni 3 mesi gli automezzi del mondo dovrebbero completamente bloccarsi. Non significa altro. E via di questo passo. Qualche altra anima candida vorrebbe risolvere il (presunto, sia chiaro) problema aumentando l'efficienza; ma abbiamo ripetuto fino alla noia che l'efficienza - ottima cosa in sé - ha il controproducente effetto di far aumentare i consumi d'energia, cioè le emissioni e, quindi, di aggravare il (presunto, sia chiaro) problema.
Bisognerebbe allora gioire perché anche a Copenaghen - come già all'Aia e a Bali - è la forza della ragione che vince. Ma nessuno sembra rendersene conto e tutti sono immotivatamente tristi. Come mai? Forse perché, come diceva quel saggio, due sono le cose infinite: l'universo e la stupidità umana, ma della prima non siamo sicuri.
In questi anni ho cercato di guardare al necessario fallimento di queste conferenze da angolazioni sempre diverse, non foss'altro per non annoiare il lettore e me stesso. Con la pazienza certosina ormai incallita, tentiamo anche oggi un altro cammino, con l'avvertenza che il punto d'arrivo sarà sempre lo stesso: l'ineluttabilità del fallimento della questione climatica finché ci si ostina ad affrontarla seguendo l'agenda di quel concentrato di crassa ignoranza che sono le associazioni ambientaliste di ogni ordine e grado.
Facciamo i conti della serva, che sono sempre i migliori. Bisogna innanzitutto sapere che la produzione elettronucleare mondiale (300 gigawatt) incide per circa il 6% sulla produzione d'energia primaria. Detto diversamente, i reattori nucleari del mondo evitano l'immissione in atmosfera del 6% della CO2 immessa dall'uomo. Ergo, se si volesse ridurre le emissioni di CO2 del 6% entro il 2020, dobbiamo entro quella data raddoppiare il parco elettronucleare mondiale: 300 nuovi reattori nucleari nel mondo entro il 2020, per i quali servirebbero 1.000 miliardi di dollari. Capite, o potenti del mondo, perché continuerete a fallire anche se vi azzardaste a fantasticare di voler ridurre le emissioni solo di un miserrimo 6%?
Non contenti, però, non solo il miserrimo 6% non vi basta e mirate alle alte (si fa per dire) sfere del misero 20%, ma la parola nucleare non la nominate neanche, mentre vi riempite la bocca di turbine eoliche e tetti fotovoltaici (FV). Ora, per fare quel che fa una centrale nucleare (3 miliardi di euri) sarebbe necessario un parco eolico di 6000 turbine (6 miliardi di euri) o un parco FV da 60 miliardi di euri. Ergo, per ridurre le emissioni di un miserrimo 6% dovreste impegnare o 2.000 miliardi di euri in 2 milioni (fatemelo ripetere: 2 milioni) di turbine eoliche o 20.000 miliardi di euri (fatemelo ripetere: 20.000 miliardi) nei tetti FV equipollenti. Insomma, dopo 10 anni, i 100 miliardi l'anno proposti da Obama avranno l'effetto di ridurre le emissioni solo del 6% purché impegnati tutti nel nucleare, del 3% se impegnati nell'eolico e dello 0,3% se impegnati nel fotovoltaico. Capite, allora, o potenti del mondo, che i vostri consiglieri, anche se premi Nobel, vi (ci) stanno prendendo per i fondelli?
Purtroppo deve ancora venire - si fa per dire - il bello. E il bello è che le dette migliaia di miliardi di euri spesi in turbine eoliche e in tetti FV ridurranno, sì, le emissioni globali del 6%, ma non consentiranno la chiusura di alcun impianto convenzionale, sia esso a gas, a carbone o nucleare: devono esserci tutti per garantire l'assenza di black out quando il sole non brilla o il vento non soffia. Capite allora, o potenti del mondo, che le tecnologie eolica e FV sono una colossale frode, la prima, e una colossale frode al cubo, la seconda?
Qualche anima candida insiste che dovremmo invece ridurre l'uso dell'energia. Una riduzione di quel misero 20%, spalmata su tutti i settori che usano l'energia, significa, ad esempio, che 20 giorni ogni 3 mesi gli automezzi del mondo dovrebbero completamente bloccarsi. Non significa altro. E via di questo passo. Qualche altra anima candida vorrebbe risolvere il (presunto, sia chiaro) problema aumentando l'efficienza; ma abbiamo ripetuto fino alla noia che l'efficienza - ottima cosa in sé - ha il controproducente effetto di far aumentare i consumi d'energia, cioè le emissioni e, quindi, di aggravare il (presunto, sia chiaro) problema.
Bisognerebbe allora gioire perché anche a Copenaghen - come già all'Aia e a Bali - è la forza della ragione che vince. Ma nessuno sembra rendersene conto e tutti sono immotivatamente tristi. Come mai? Forse perché, come diceva quel saggio, due sono le cose infinite: l'universo e la stupidità umana, ma della prima non siamo sicuri.
I commenti saranno accettati:
Qui le norme di comportamento per esteso.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Qui le norme di comportamento per esteso.
Condividi:
Commenti: