Per il vertice Fmi scende in campo Sarkozy

Lanciati Fabius e Strauss-Kahn per conquistare la guida del Fondo

da Roma

Scendono in campo i «pesi massimi» nella gara per la conquista della guida del Fondo monetario internazionale. Lunedì, a Washington, si riunisce il board of directors del Fmi per dare il via al processo di selezione del nuovo direttore, che succederà in autunno al dimissionario Rodrigo de Rato. Contemporaneamente, l’Eliseo annuncia che il presidente Nicholas Sarkozy lancerà nei prossimi giorni una doppia candidatura francese: l’ex primo ministro Laurent Fabius e l’ex ministro delle Finanze Dominique Strauss-Kahn.
«Per la Francia sarebbe importante avere un’altra volta questa posizione», ha detto il capo dello staff di Sarkozy, Claude Gueant. La Francia ha guidato il Fmi per 23 anni di fila, dapprima con Jacques de Larosière e poi con Michel Camdessus, che è stato direttore generale per ben 13 anni, dal 1987 al 2000. Nessuno dei due successori, il tedesco Horst Kohler e lo spagnolo de Rato, ha completato il mandato: il primo è stato eletto presidente della Repubblica in Germania, il secondo ha annunciato il ritiro anticipato per motivi familiari.
Appare chiaro che Parigi vuol tentare la prova di forza. Gli Stati Uniti, che hanno appena ottenuto la presidenza della istituzione gemella del Fondo, la Banca mondiale, con il placet degli europei, sono pronti a restituire il favore: il segretario al Tesoro Henry Paulson ha già fatto sapere che gli Usa appoggeranno una candidatura europea. Tutto fatto, dunque? Non ancora. In questi giorni stanno emergendo altri candidati di peso, in particolare l’ex premier svedese Goran Persson e il polacco Leszek Balcerowicz. La Polonia dei gemelli Kaczinski si prepara alla battaglia per sostenere l’ex ministro delle Finanze, autore del piano di riforme del Paese dopo la caduta del comunismo.
E l’Italia? Il nostro Paese potrebbe avere qualcosa da dire nella partita. Ci sono stati, dalla fondazione del Fmi, tre managing director francesi, due svedesi, un belga, un olandese, un tedesco e uno spagnolo. Sembrerebbe il momento giusto per ottenere un nostro direttore generale, tanto che a Parigi si parla di una possibile candidatura italiana. Però il portavoce di Palazzo Chigi, Silvio Sircana, smentisce: «Non mi risulta che, al momento, l’Italia abbia dei candidati», ha osservato ieri. Nei giorni scorsi era circolata la voce di una possibile candidatura del ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. In realtà, il posto di Padoa-Schioppa (su cui ci sarebbe già un primo accordo) è quello di presidente dell’International Financial and Monetary Committee del Fondo monetario (l’ex Interim Committee), l’organismo politico che guida le decisioni principali del Fondo. Padoa-Schioppa dovrebbe succedere a Gordon Brown, che nei giorni scorsi ha assunto la carica di primo ministro britannico. Per breve tempo, anche Carlo Azeglio Ciampi è stato presidente dell’Ifmc. L’altro possibile candidato italiano, il governatore di Bankitalia Mario Draghi, ha fatto sapere di non essere interessato alla direzione del Fmi. La candidatura europea sarà discussa, lunedì e martedì, durante le riunioni dell’Eurogruppo e dell’Ecofin a Bruxelles.
Come è già accaduto nei mesi scorsi per la Banca mondiale, anche stavolta i Paesi emergenti protestano per il criterio di selezione, opaco e poco democratico, del managing director del Fondo.

È vero che, come dice l’ex capo economista del Fmi Kenneth Rogoff, «due sbagli non fanno una cosa giusta»: ma non sembra che stavolta possa essere superata la vecchia regola che stabilisce «un americano alla Banca, un europeo al Fondo».

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