Roma«Garanzie». Da una parte e dallaltra. Nessuno si sogna di negare il diritto a manifestare, in maniera civile, il proprio dissenso. Ci mancherebbe altro, si obietterà. Ma nessuno si sogni di imporre «picchetti», bloccare il regolare svolgimento della didattica, dei programmi da seguire. Il Cavaliere, ancora una volta, ne fa una «questione di libertà», di «democrazia». Un punto fermo su cui non si può mollare. Per il premier, infatti, lo Stato ha il «dovere» di intervenire, quando si teme che una minoranza organizzata, magari politicizzata, prenda il sopravvento su una «maggioranza silenziosa». Su chi, insomma, intende seguire con regolarità le lezioni, i corsi a cui si è iscritto. Come dire, libero accesso alle classi, siano esse di un liceo o di una università.
«Dobbiamo garantire i diritti di ogni cittadino, compreso quindi quello allo studio». Silvio Berlusconi lo ripete da giorni. Si parli di scuola o emergenza rifiuti, per lui non importa. E non accetta che il suo «avviso ai naviganti» sia stato, «purtroppo», di nuovo strumentalizzato. Anche perché - ragiona con i suoi - lannuncio di prevedere lintervento delle forze dellordine, qualora eventuali occupazioni sfocino in «violenza verso gli altri», è in linea con lazione portata avanti a difesa delle discariche in Campania.
Certo, in quel caso si chiamò in causa lesercito, inimmaginabile nel contesto in esame.
Ma intanto è già bufera. Lopposizione insorge, nella maggioranza arrivano anche i primi distinguo, dalle parti di An. Ma il Cavaliere va avanti, prende di petto il problema. E accelera. Tanto che poche ore dopo lannuncio della linea dura, dinanzi a decine di cronisti, ha già illustrato le sue «linee di principio» al ministro dellInterno, Roberto Maroni, presentatosi a palazzo Grazioli nel pomeriggio.
Un faccia a faccia di circa unora, in cui il premier chiede allesponente della Lega di verificare quali siano gli «strumenti tecnici» migliori per raggiungere lobiettivo. Un colloquio interlocutorio, si dice, ma necessario, che getta le basi sulla prima riunione tecnica, convocata per oggi pomeriggio al Viminale. Un incontro che sarà presieduto dal sottosegretario Alfredo Mantovano, al cui fianco siederanno i vertici delle forze di polizia. La «mission», ribadita dal presidente del Consiglio, è quella di delegare ai responsabili della sicurezza pubblica le modalità da seguire.
Maroni non commenta in maniera pubblica. E anche lui, come Umberto Bossi e Gianfranco Fini, lì per lì rimane un po spiazzato. Tanto che a Montecitorio, durante il pranzo offerto dal presidente della Camera alla delegazione del Carroccio - federalismo fiscale, riforme e immigrazione nel menù politico - non si sbilancia. «Non so che dire, mi ha convocato, andrò a sentire». Più tardi concorderà con il premier, assicura chi ha avuto modo di parlargli. Bossi non si esprime. Idem per Fini, convinto però che, in ogni caso, non serve a nulla portare avanti una forte contrapposizione tra le parti.
Si attende quindi lesito del vertice in programma al Viminale. Ma nessuno, almeno per il momento, si attende che si possa intervenire per via legislativa. Attraverso, cioè, un decreto ad hoc. Né che la polizia possa fare il suo ingresso negli istituti o negli atenei.
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