Washington - Alle nove di mercoledì sera (le tre del mattino in Italia) il presidente degli Stati Uniti è comparso alle televisioni americane e ha parlato per un quarto d’ora ai suoi connazionali con il tono accorato dei momenti gravi. Se il piano da 700 miliardi di dollari per soccorrere le società finanziarie di Wall Street non sarà approvato - ha detto George W. Bush con il volto tirato e usando un linguaggio semplice, quasi da maestro di scuola - si andrà incontro a una lunga e dolorosa recessione, con milioni di americani che perderanno il proprio posto di lavoro». Non si tratta, ha spiegato il presidente, «di salvare individui o singole società, ma l’intera economia nazionale». Poche ore prima, il candidato repubblicano alla Casa Bianca John McCain aveva dato vita a un nuovo colpo di scena, annunciando l’intenzione di interrompere la propria campagna elettorale per recarsi al Senato a Washington e contribuire al dibattito sul piano: «Così com’è non potrà essere approvato - aveva detto il senatore dell’Arizona -. Serve un’iniziativa bipartisan per risolvere questo problema che è più importante delle divisioni politiche. Per questo chiedo al mio avversario Barack Obama di fare lo stesso e di rinviare il dibattito con me previsto per domani nel Mississippi».
Colto in contropiede, Obama ha rifiutato di rinviare il faccia a faccia, ma ha accettato di recarsi a Washington per collaborare «nell’interesse degli americani». Nel frattempo, Bush decideva di convocare alla Casa Bianca per il pomeriggio di ieri i due rivali, nelle vesti di capi dei rispettivi schieramenti politici. A quel punto il partito democratico ha compreso che era necessario svuotare della sua pericolosità la mossa di McCain, facendo sì che un accordo politico sul mega-piano venisse trovato prima del vertice con il presidente. Così i democratici hanno accettato di sostenere il piano da 700 miliardi (la stessa cifra fin qui spesa in Irak, per dare un’idea), ottenendo in cambio il sì di Bush ad alcune loro richieste, prima fra tutte quella dei tagli ai “superbonus” dei manager delle aziende finanziarie in crisi. Già in tarda mattinata (il tardo pomeriggio di ieri in Italia) il senatore democratico Chris Dodd, seguito a ruota dal repubblicano Bob Bennett, faceva sapere che «adesso abbiamo un piano che passerà alla Camera, al Senato e sarà poi firmato dal presidente», il tutto auspicabilmente con rapidità: è previsto uno stanziamento immediato di 250 miliardi. Dalla Casa Bianca arrivava però un invito alla cautela: «È un buon segno che siano stati fatti dei progressi - ha detto un portavoce -. Vogliamo ascoltare il segretario al Tesoro Paulson ed esaminare i dettagli». Poi le parole che hanno certamente allietato John McCain: «Aspettiamo con ansia di avere una buona discussione nell’incontro di oggi pomeriggio». Rimane aperta la controversia sull’atteso dibattito tra John McCain e Barack Obama fissato per le 20 di stasera (le 3 del mattino in Italia) presso l’Università del Mississippi.
Nonostante gli inviti di McCain a rinviarlo al 2 ottobre, Obama ha ribadito ieri che si presenterà puntuale, atteso dal moderatore Jim Lehrer della Tv pubblica Pbs e da docenti e studenti dell’ateneo. Non è tuttora chiaro cosa deciderà di fare il suo sfidante, anche se la prospettiva di un accordo imminente sul piano di salvataggio gli rende meno facile tirarsi indietro. Una vigilia decisamente insolita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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