Laura Cesaretti
da Roma
LUnione rilancia Claudio Petruccioli per la presidenza Rai, il centrodestra fa mostra dindignarsi per «larroganza dellopposizione». Ma la soluzione del rebus è ancora lontana, e il governo sembra intenzionato a tirarla per le lunghe, almeno fino a dopo il referendum.
La puntata del tormentone in onda ieri ha visto il leader del centrosinistra, Romano Prodi, costretto da Ds, Margherita e Rifondazione a far marcia indietro e a sponsorizzare una candidatura che - secondo i suoi alleati - aveva tentato di affossare. Nel vertice del centrosinistra, convocato proprio per concordare la linea sullaffaire Rai dopo la bocciatura di Monorchio, il Professore ha aperto la riunione riconoscendo che «non ci sono più le condizioni per ottenere un vertice Rai di garanzia», e accantonando dunque formalmente la propria impostazione: lopposizione vota il presidente solo se il governo nomina un direttore generale che ci piace. «Non sarò io a fare nomi per la presidenza, ma se cè una candidatura condivisa da tutti sono daccordo a sostenerla», ha aggiunto Prodi. Ed è stato il rutelliano Paolo Gentiloni a pronunciare a quel punto il nome che Fassino e Rutelli sostenevano già da settimane, quello dellattuale presidente della Commissione di vigilanza. Nessuna obiezione del Professore: daltronde, negli ultimi colloqui con Creta il segretario ds era stato chiaro: «La Quercia non può accettare che la nomina di un dirigente del nostro partito salti per responsabilità dellUnione o per un gioco di sponda al nostro interno».
Gioco di sponda che peraltro è continuato anche ieri, dentro il summit: le diessine Giovanna Melandri e Gloria Buffo e il socialista Enrico Boselli hanno riproposto molte delle argomentazioni prodiane di questi mesi: «È stato un errore partecipare alla spartizione del nuovo Cda della Rai»; «ora Berlusconi potrà gestire la campagna elettorale con un vertice Rai legittimato dal nostro consenso e con un direttore generale a lui fedele». È stato il capogruppo Prc Franco Giordano a replicare sarcasticamente: «E invece secondo voi era meglio tenerci il vecchio consiglio di quattro membri tutti berlusconiani? E con che faccia avremmo potuto bloccare le nuove nomine dopo aver sparato per mesi contro un vertice delegittimato chiedendone il rinnovo?».
Il comunicato finale ha comunque accantonato ogni obiezione, anche se il vertice è stato disertato da Mastella (Udeur) e da Diliberto (Pdci) che ha parlato di «una spartizione bella e buona» fatta a sua insaputa, salvo poi rappacificarsi con Prodi in serata. «LUnione - si legge in una nota - si dichiara pronta a sostenere la candidatura di Claudio Petruccioli, eletto con un largo consenso nellattuale incarico, qualora tale candidatura fosse avanzata dal governo». La palla è ora al Tesoro e al premier, ed è lo stesso candidato a invitare alla prudenza: «Ringrazio lUnione per la decisione unanime - ha dichiarato con una punta di ironia Petruccioli -. È una cosa che mi fa piacere e ringrazio ma non è sufficiente per sentirmi candidato perché non cè ancora nulla di più». E infatti di lì a poco la polemica tra maggioranza e opposizione si è riaccesa. Una serie di esponenti del centrosinistra (quelli che con irritazione vengono definiti «gli ascari di Prodi» da illustri dirigenti Dl e Ds) tra cui il Verde Pecoraro, la repubblicana Sbarbati e Tonino Di Pietro, hanno riaperto il fuoco tornando a chiedere un direttore generale «di garanzia».
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