«Vi spiego io l’amore perfetto: è quello a forma di triangolo»

C’è chi ha raggiunto la pace dei sensi e chi sta ancora deliziosamente annaspando in mezzo ai tormenti dell’amore e del sesso. Per entrambe le categorie, romanzo d’obbligo è Un amore perfetto di Howard Jacobson (Cargo, pagg. 384, euro 20), «il Philip Roth inglese», «la Jane Austen ebrea», nonché, dal 13 ottobre scorso, il titolare del «Man Booker Prize 2010», meritatissimo per scorrevolezza di stile, nitore psicologico e virtù umoristiche. È la storia di Felix che spinge l’amata Marisa tra le braccia di Marius e ne è felice, ma in modo tragico. Jacobson, molto spassoso dal vivo, lo troverete domenica (ore 16) a Roma, al festival «Più libri più liberi».
Mr. Jacobson, Lei scrive: «Nessun uomo ha mai amato una donna senza immaginarsela tra le braccia di un altro». Terribile.
«Una tragedia che sta nel fatto che al di là di questa situazione “a tre” non c’è nulla di erotico che possa eccitare Felix. La gelosia è un sentimento che mi ha sempre interessato, perché ineluttabile. Il dolore passa, e così la delusione, la tristezza. La gelosia no, mai».
Shakespeare: «Nessuna mandragora potrà mai donarmi un dolce sonno dopo la gelosia che ho provato».
«Esatto. La domanda che mi pongo di conseguenza è: e se alcuni uomini non desiderassero addormentarsi? Quando un uomo diventa preda della gelosia comincia ad avere una vita erotica ricchissima, fantastica e portatile: la sua donna è sempre lì con lui. Il sillogismo è questo: la gelosia non dorme mai, il geloso non dorme mai, la vita erotica dell’uomo geloso non dorme mai».
Un’insonnia prolungata, foss’anche erotica, è dannosa...
«L’amore è una sorta di incantesimo. Possiamo romperlo, ma la vita sarà così bella dopo che l’abbiamo rotto? Nessuno ne è sicuro. Per questo ho scritto un libro comico sull’ossessione. Anzi, un libro ossessivamente divertente, tanto da diventare sempre più tragico. Accade perché Marisa, per Felix, è perfetta. Felix non troverà mai più una donna così perfetta».
Ma non è suggestione? La Rochefoucauld: «Molti non si sarebbero mai innamorati se non avessero sentito parlare di amore».
«A 6-7 anni desideravo innamorarmi e persino fare sesso, pur non avendone mai sentito parlare! E non avevo nemmeno letto La Rochefoucauld! Con il quale, peraltro, sono d’accordo, perché amore, oggi, è la parola che usiamo per dire sesso. Per Felix è diverso: lui dice di aver conosciuto l’amore attraverso i libri. In realtà ha conosciuto solo la perdita».
Ma se è lui a spingere Marisa tra le braccia di Marius!
«Il buon vecchio Freud spiegò molte cose, ma non il masochismo. Paradossalmente, il desiderio di Felix è che Marisa lo lasci e lui fa in modo che questo accada. Far accadere le cose vuol dire poterle controllare, d’altra parte. Per un geloso è perfetto. Per molti filosofi, poi, l’atto sessuale è ambiguo: in esso cerchiamo la vita, ma anche la morte».
Felix potrà mai «guarire»?
«Prendiamo i personaggi maschili in Shakespeare: non ce n’è uno che non sia geloso. Solo Leonte, nel tardivo Racconto d’inverno, viene un po’ abbandonato dalla gelosia, ma più per intervento magico che altro.

La sua domanda, però, traccia la differenza tra i critici inglesi, secondo i quali non è possibile trovarsi in una situazione ossessiva come quella di Felix, e quelli italiani, che mi chiedono se è possibile uscirne, ritenendola situazione comune».

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