Cultura e Spettacoli

«Vi stupirò: nel nuovo film sarò bionda e svampita»

Parla la popolare attrice che ha chiuso come giurata il Taormina Film Festival

Lucio Giordano

da Taormina

«Ultimamente mi affidano spesso ruoli da moglie tradita. Spero che nella realtà non sia così, anche se finora mi sembra di poter dormire sonni tranquilli». Ride mentre lo dice, Laura Morante, in giuria al Film Festival di Taormina, che si è concluso ieri sera e che il prossimo anno tornerà alle date originarie, dal 22 al 29 luglio. Ride ed è ancora più bella, nonostante abbia messo su qualche chilo. «Vedere tre film al giorno non è proprio una cosa rilassante ma fare la giurata ai festival è un’esperienza a cui non mi sottraggo mai, che faccio tutte le volte che mi chiamano. Sono arrivata a quota dieci».
Dopo finalmente andrà in vacanza, come al solito, a Santa Fiora in Toscana?
«Non ancora. Devo tornare sul set di Adelmo torna da me, il film che sta girando in questi giorni in Maremma, diretto da Franco Virzì, il fratello musicista di Paolo, al suo debutto alla regia».
Che ruolo ha?
«Quello di una ricchissima casalinga un po’ svampita. Una donna sciocchina e anche cornuta che per darsi un tono canta e dice a tutti di essere una scrittrice. Anche se finora non ha scritto nemmeno una riga in vita sua».
Un film sulla disperazione di provincia?
«Anche, ma è soprattutto un film sull’adolescenza, visto che i protagonisti veri sono dei ragazzini».
Nel cast di questa storia scritta dai due fratelli Virzì chi c’è?
«Andrea Renzi, mio marito, Neri Marcorè, che interpreta il dottorino di paese e la dodicenne Gabriella, che non è molto contenta di avere una mamma così superficiale che si tinge i capelli di biondo per essere più attraente».
Al suo personaggio piacerebbe essere una scrittrice. E a lei?
«Io punto più sulla sceneggiatura. Ne sto scrivendo una che racconta le vite incrociate di due donne: ruoli pensati per me e Margherita Buy».
Che è stata scelta da Nanni Moretti per il nuovo film. Infastidita che le abbia soffiato il ruolo femminile?
«Io e Nanni abbiamo lavorato spesso insieme ma non è detto che dobbiamo farlo in ogni suo film. Semmai mi scoccia che mi abbia rubato l’attrice... adesso dovrà aspettare l’ultimo ciak di Margherita per sottoporle il copione che sto scrivendo con il mio ex compagno Daniele Costantini».
Vostra figlia Eugenia, ventitré anni, fa l’attrice teatrale. Contenta della sua scelta?
«Molto. Le ho solo raccomandato di non puntare tutta la propria esistenza sulla carriera, perché nella vita c’è altro. Ma non ci sarebbe stato bisogno di raccomandazioni: l’ha già capito da sé».
E l’altra sua figlia, Agnese, diciassette anni, cosa fa?
«La musicista. Come vede siamo una bella famiglia d’artisti».
Già, una famiglia di artisti. Lei è la nipote della scrittrice Elsa...
«Sì, ma di lei ho ricordi vivi sino ai miei dodici anni. Poi litigò con mio padre e ruppe i rapporti con tutta la famiglia, tranne che con mio fratello più grande. Era una donna molto severa, parlava a voce alta e fumava molto. Lei capisce era esattamente il contrario della mia mamma che era una donna molto dolce e gentile per cui non c’era molta simpatia. Tanto che una volta la incontrai per strada lei non mi riconobbe e allora evitai di salutarla».
Torniamo al cinema. Che tipo è Moretti regista?
«Persona straordinaria ma esclusiva. Prima di firmare per La stanza del figlio voleva inserire una clausola per cui io non avrei lavorato per un anno intero con nessun altro regista. E allora ho domandato: “Perché Nanni dovrei accettare questa condizione? Io non sono ricca a meno che non mi mantenga tu”. Alla fine delle riprese gli ho ricordato questo episodio e lui mi ha detto semplicemente “Già, ma perché avresti dovuto firmare un contratto di esclusiva”. Ecco come vede Nanni è così».
E l’attore con cui si è trovata meglio sul set?
«Carlo Verdone. Con lui ci si diverte tantissimo, se sei in difficoltà ti accompagna morbidamente nella recitazione come un bravissimo ballerino di tango».
Sinceramente, signora Morante, tra i film che ha interpretato quanti ne salverebbe?
«Al massimo cinque o sei, il resto è stato un modo per fare esperienza.

Quando ne parlai con John Malkovich lui mi rispose, “Sai Laura sei davvero fortunata, io dei miei film ne salvo al massimo due”».

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