
Biandrate, bassa pianura piemontese, terra d’acque tra il Sesia e il Ticino, una decina di chilometri a ovest di Novara, tra il Monte Rosa – che ora è coperto di nuvole sporche, ma certe mattine appena sveglio ti esplode davanti agli occhi - e il nulla, quel Nulla dove, come capita spesso alla letteratura, all’improvviso compare una chimera. Si chiamano storie.
La storia della antica canonica della Marangana, in mezzo alle risaie e agli aironi, in una pianura piatta come un foglio di carta, è a sua volta un romanzo. Sebastiano Vassalli, che prima viveva in altro presbiterio non lontano da qui, a Pisnengo, la comprò con i soldi che prese da Einaudi per il suo libro della vita, il romanzo La chimera , uscito nel 1990 e che vinse lo stesso anno il Premio Strega. Era la casa parrocchiale, accanto alla chiesa di una grande cascina, chiamata Marangana: un edificio storico dei primi del ’500, solitario e silenzioso, circondato da un grande giardino che lo scrittore stesso divise con un vialetto centrale, il «Viale del tramonto» lo chiamava, perché vedeva in faccia il sole calare. Di qua il frutteto: mele, susine, fichi, ciliegie... Di là il boschetto: querce, aceri, il grande platano con le farfalle di ferro dell’amico scultore Giovanni Tamburelli... Gli alberi li piantò tutti lui. Un hortus letterario che amplifica il silenzio e la solitudine del luogo.
Vassalli, ci spiega il suo amico ed editore Roberto Cicala, che ci accompagna nella visita con la vedova dello scrittore, Paola Todeschino - sono i custodi della memoria - «aveva bisogno di vivere da solo: viaggiando nella Storia - il Medioevo, la Controriforma, il Ventennio fascista, il Sessantotto... – voleva svegliarsi avendo accanto i suoi personaggi, nel loro tempo, fosse il ’600 della Chimera o il ’700 di Marco e Mattio . Non poteva sopportare di vedere nessun altro». Sebastiano Vassalli non era certo empatico, anzi era scontroso, un carattere difficile. Ma era un uomo di grande umanità. Viveva per l’arte e la letteratura. E fece della Marangana uno scrigno di letteratura e d’arte. La pensò fin da subito come una casa a sua immagine, «l’eremo dell’eretico»: una casa che parlasse di lui. E adesso, lasciata in eredità dallo scrittore al Centro novarese di studi letterari presieduto da Roberto Cicala che, in accordo con la vedova, erede universale, lo ha donato al comune di Novara, che a breve, come ci ha confermato il sindaco Alessandro Canelli, perfezionerà il passaggio di proprietà, a dieci anni dalla morte (a Casale Monferrato nel 2015, il 26 luglio, cioè oggi), la Marangana di Sebastiano Vassalli diventerà una casa-museo aperta al pubblico e gli studiosi, sede di eventi culturali e centro di ricerca. Geografia, Storia, storie e letteratura tra le parole e la pianura.
Le parole non servono. Basta guardarla. Sulla facciata e la controfacciata della casa Sebastiano Vassalli volle incastonare grandi e piccole ceramiche che riproducessero le copertine dei suoi libri e i soggetti naturalistici dei romanzi. Il murale più bello, accanto all’entrata principale, riprende l’immagine di un tralcio di vite con le foglie colorate disegnata da Giuliano della Casa per la copertina della Chimera (l’acquarello originale è appeso nello studio). Sull’ala nord c’è un’antica meridiana e lì dietro c’è il monumento in ferro alla zanzara, animale totem della Bassa. Ma la cosa più curiosa sono le inferiate delle finestre, lassù al primo piano: piccolo capolavoro dello scultore Giovanni Tamburelli, raffigurano gli animali della pianura. Aironi, rane, ragni... L’universo naturale di Vassalli.
Dentro, l’universo diventa un mondo materiale. Ci sono i suoi quadri e quelli dei suoi amici artisti - Carlo Granaroli, Ugo Locatelli, Della Casa, Tamburelli... perché Vassalli non inizia come scrittore, ma come pittore, introdotto dal poeta Edoardo Sanguineti (entrambi sono di Genova) nel Gruppo 63. Eccoli qui i quadri del Vassalli ventenne, tra pop art e avanguardia (quello di fronte al camino dei primi anni Sessanta è grande e bellissimo), ecco le grafiche, i collage , gli acquerelli,
la serie coloratissima e un po’ naif - di ex voto . Ecco i sassi di fiume colorati. Ecco, dappertutto, i disegni e le plaquettes stampate al torchio dal suo amico Alberto Casiraghi.
Ed ecco il salone d’ingresso, coronato da un soppalco che corre lungo tutt’e quattro le pareti, dove Vassalli volle la sua biblioteca. Qui sono perfettamente ordinati i cinquemila libri che negli anni sono serviti per il suo lavoro, per le sue ricerche, per studiare ciò di cui scriveva nei romanzi. Non c’è un titolo che non abbia un senso. Il primo che prendiamo in mano, a caso, ma nulla è mai casuale in letteratura, è una vecchia edizione delle Lettere a un maggiordomo di Giacomo Casanova pubblicate dall’editore Luciano Ferriani nel 1961 con prefazione di Piero Chiara che Vassalli di certo usò per il suo Dux. Casanova in Boemia , del 2002 (ah: nel corridoio sono appese tutte le prove di copertina Einaudi, tra cui quella scelta: un fotogramma del Casanova di Fellini), dove si narra la storia, a metà tra biografia e romanzo, degli ultimi anni di vita dell’avventuriero veneziano nel castello di Dux in Boemia, libretto ora ristampato con nuovi materiali da Interlinea. E poi, curiosando fra gli scaffali, ecco i romanzi di José Saramago, Mario Vargas Llosa, Arthur Schnitzler, Robert Walser, saggi di storia medievale e moderna, la sua collezione di vocabolari e i Canti orfici di Dino Campana, protagonista della Notte della cometa . Nello studio invece, senza computer, ecco i premi, le fotografie di una vita e, appese,
La comprò con i guadagni del libro con cui vinse lo Strega, piantò gli alberi del giardino e murò nelle facciate le ceramiche che riproducono le sue copertine
RIFUGIO Sopra, l’ex canonica della chiesa della cascina Marangana, a Biandrate, fuori Novara, che divenne la casa di Sebastiano Vassalli (1941-2015) Sotto, a sinistra, lo scrittore nella campagna novarese; a destra, la sua libreria a soppalco
le pagine dei quotidiani che parlavano di lui...
«Sebastiano conservava tutto. Anche se non sembrava era molto ordinato: ci teneva troppo al suo lavoro», ricorda Paola Todeschino. Si conobbero nel 2000, a una conferenza, lei era insegnante, e lui era già Vassalli. Non si sono più lasciati. È lei, con Roberto Cicala, che ha raccolto tutto il lavoro di Vassalli che adesso, perfettamente catalogato, è conservato lì dentro: un grande locale che fa d’archivio. Decine e decine di faldoni con oltre 16mila carte fra bozze, manoscritti, carte preparatorie (c’è una rubrica alfabetica in cui sono raccolte una serie di citazioni su Casanova, ci sono i ritagli di stampa usati per l’ Affaire Tortora ), articoli di giornale (collaborò con molte testate: l’Unità , il Mattino , la Repubblica , Corriere della sera ...), la corrispondenza (tutta inedita: con Edoardo Sanguineti, Andrea Zanzotto, Giulio Einaudi...), fotografie e videocassette con interventi e interviste, rassegna stampa... «Il suo desiderio era essere ricordato come narratore, come uno che aveva fatto bene il suo mestiere, che era quello di raccontare storie. Credeva nel potere che ha la letteratura di salvare le persone.
Antonia, la giovane donna accusata di stregoneria e condannata al rogo della Chimera , o Mattio Lovat, il figlio dello “scarpér” di Casal di Zoldo di Marco e Mattio , se non ci fossero stati i suoi romanzi a riscattarlo sarebbero stati dimenticati per sempre. Invece con il suo lavoro li ha salvati».