Viaggio nel liceo di Trieste dove i prof minacciano: «Scioperate o vi bocciamo»

Stefano Filippi
«Maroni a morte». È il benvenuto per il ministro dell’Interno che si può ammirare sui muri del liceo Dante Alighieri, quello dove alcuni professori hanno minacciato bocciature per gli studenti che non scioperano. La scritta è della notte scorsa, vernice fresca rossa, con una stella a cinque punte e una falce e martello come firma. Sta su una colonna del porticato di via Giustiniano 3, tra l’edificio del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia e il palazzo di giustizia. Sul pilastro successivo si legge «Nazi in foiba», più in là «Banche in fiamme».
Roberto Maroni è arrivato ieri sera a Trieste per l’assemblea dei sindaci italiani, cui partecipano anche Roberto Calderoli e Raffaele Fitto. I ministri trovano un clima incandescente per le proteste degli studenti, che qui sono durissime. Le scuole superiori sono chiuse fino a sabato, dieci sono occupate, le altre in autogestione: in pratica, per una settimana non si fa lezione. Anche in università la didattica è sospesa dopo le lezioni in piazza Unità d’Italia; ieri si è svolta un’assemblea nel piazzale dell’ateneo alla quale hanno partecipato oltre un migliaio di studenti, decine di professori e tutti i rettori della regione. Al termine si è deciso di non occupare l’università ma di manifestare per le strade: così è stato formato un corteo non autorizzato verso il centro di Trieste, che ha provocato grossi problemi al traffico.
Le scuole in mano agli studenti, l’università in agitazione, duemila delegati ai lavori dell’Anci compresi i sindaci delle maggiori città (da Alemanno alla Moratti a Chiamparino) e tre ministri in arrivo, tra cui il numero uno del Viminale che ieri ha parlato per un’ora con il presidente del Consiglio su come evitare le occupazioni non autorizzate delle scuole.
Le riunioni e i vertici ieri si sono susseguiti. In molte scuole i presidi hanno incontrato gli insegnanti invitandoli a smorzare i toni. La preside del liceo Dante, Patrizia Saina, è invece arrivata presto negli uffici del provveditorato per vedere la dirigente provinciale Licia Satta Pavanello: all’ordine del giorno le minacce di alcuni insegnanti ai danni di studenti che non volevano partecipare all’occupazione. A metà mattina in provveditorato è cominciato un lungo incontro fra i presidi e i rappresentanti degli studenti. Clementina Frescura, dirigente dell’istituto Alessandro Volta e coordinatrice dei presidi triestini, ha implorato i giornalisti: «Per favore, aiutateci a sdrammatizzare la situazione». Alle tre del pomeriggio altro vertice, questa volta in prefettura, presenti il prefetto, il questore, la dirigente provinciale e i capi degli istituti. Polizia, carabinieri e guardia di finanza sono tutti impegnati a controllare le scuole, in particolare quelle occupate. In una Trieste assediata, con le forze dell’ordine mobilitate per l’assemblea dell’Anci, l’accavallarsi di occupazioni, assemblee e cortei acuisce il nervosismo. Si moltiplicano gli appelli all’equilibrio e al rispetto dei diritti di tutti, il diritto di manifestare e quello di studiare, ma al momento non c’è nemmeno l’ombra di una par condicio.
Gli studenti non pensano affatto a fare passi indietro. I loro rappresentanti hanno garantito che le proteste resteranno pacifiche, tuttavia occupazioni e autogestioni proseguiranno fino a sabato, giorno in cui a Trieste è prevista una manifestazione parallela a quella del Pd a Roma. Nelle aule continuano le discussioni, le assemblee, ma anche i corsi alternativi. Lezioni di capoeira e yoga al Dante, di cucina spagnola all’Oberdan, di ricostruzione delle unghie al Nordio. All’ora di pranzo e cena arriva qualche genitore con cibo e vestiti puliti.
Al Dante Alighieri, epicentro della protesta, seconda notte in sacco a pelo nelle aule. Sbarrata ogni via di accesso. Il tempo passa tra una partita a scarabeo e una rincorsa a nascondino. Gli organizzatori della protesta insistono a proclamarsi lontani dalla politica. «Non abbiamo nessuno alle spalle, soltanto la voglia di fermare la riforma Gelmini», assicurano. Colpisce la povertà ideologica della protesta: anche se qualche scuola appende striscioni che evocano il Sessantotto («40 anni dopo siamo punto e a capo»), non si va al di là di slogan imparaticci. Nemmeno l’ombra dei manifesti e dei proclami che negli Anni ’60 e ’70 tappezzavano le pareti di scuole e università: le presenze più ingombranti sono i sacchi neri pieni della spazzatura raccolta dagli occupanti. «La preside non poteva opporsi e ci ha dato fiducia purché garantiamo ordine. E noi facciamo perfino le pulizie».
La polemica sulle minacce dei prof è ancora accesa. Il Collegio dei docenti del Dante nega le intimidazioni denunciate da alcuni genitori attraverso due consiglieri regionali del Pdl, verso i quali non sono escluse azioni legali.

Ma Azione studentesca conferma che «alcuni professori hanno assecondato molte di queste proteste e, in certi casi, anche fatto uso di pressioni psicologiche e minacce su quegli studenti che, come noi, sono contrari alle mobilitazioni».

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