Viaggio a Vallevegan, nel regno delle «cavie» salvate

A prima vista sembra una fattoria come tutte le altre: ci sono le pecore, i conigli, le galline, persino un maiale. In realtà però a Vallevegan gli animali anche a Pasqua non vengono mangiati, ma salvati. Ognuno di loro ha una storia particolare da raccontare, e molti sono arrivati in questo piccolo paradiso in provincia di Roma dopo essere stati usati negli esperimenti dei laboratori di ricerca.
Il progetto, è nato circa un anno fa, intorno a una tenuta di 11 ettari a Bellegra in provincia di Roma che è diventata subito il centro di riferimento per il centro-sud Italia dell’iniziativa internazionale I-Care, che si propone di recuperare e riabilitare gli animali utilizzati dai centri di ricerca. A costituire la fondazione con lo stesso nome che la gestisce sono stati tre volontari animalisti, ma il centro è il punto di riferimento per centinaia di volontari. Attualmente Vallevegan ospita cavie, ratti, conigli e gerbilli, e si sta preparando a ricevere anche i cani. «Gli animali che arrivano hanno grossi problemi psicologici, - spiega Pietro Liberati, uno dei responsabili del centro - hanno così paura degli spazi larghi che se vengono semplicemente liberati muoiono d’infarto. Inoltre non riconoscono i predatori, e non sono in grado di interagire con i propri simili».
Quelli che arrivano a Vallevegan sono animali che non sono stati usati in esperimenti su malattie: vengono da test comportamentali, o da laboratori chiusi per irregolarità, o sono cavie comprate ma non usate. Nonostante questo, la riabilitazione è complessa: «Il recupero passa attraverso diverse fasi - spiega ancora Liberati -: per i primi giorni li si mette in mezzo agli altri, ma sempre in una gabbia, perché si sentano al sicuro. Quando l’olfatto e la vista si sono abituati li si libera, prima da soli in spazi piccoli e poi insieme agli altri in ambienti via via più grandi. Quando sono recuperati però non li si può lasciare liberi, perché non sanno difendersi dai predatori. Li teniamo qui o li diamo in adozione». A fare compagnia alle cavie da laboratorio ci sono decine di altri animali arrivati a Vallevegan nei modi più disparati. Uno degli ultimi ospiti è un capretto giunto a fine dicembre in circostanze «esoteriche».
«Mi hanno chiamato nel cuore della notte il 21 dicembre - racconta Liberati - alcune persone che avevano salvato un capretto che era stato comprato per essere sacrificato in un rito celtico per il solstizio d’inverno. Così è arrivato Geppo». Il migliore amico di Geppo è un maiale che è già assurto agli onori delle cronache. Trovato mentre vagava in una piazza di Brescia, non è stato mai reclamato, e attraverso diversi passaggi è «sbarcato» a Vallevegan. «All’inizio lo tenevamo da solo, perché era irrequieto - spiegano i volontari -.

Una notte è riuscito a sfondare la porta della gabbia, ma lo abbiamo trovato che dormiva tranquillo in mezzo alle galline. Voleva solo un po’ di compagnia». Ironia della sorte, il casale dove sorge Vallevegan in passato era abitato da bracconieri e allevatori, i cui «ferri del mestiere», sono stati conservati dai volontari in una stanza.

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