Il viceministro con auto blu e rimborso taxi

Inchiesta di «Italia Oggi»: Visco e Di Pietro non rinunciano a quei 4mila euro l’anno anche se hanno la macchina di rappresentanza

da Milano

Voli gratis, viaggi in treno senza bisogno del biglietto, traghetti a piacere, rimborsi sulle spese telefoniche, computer a costo zero. E taxi pagati con i fondi del Parlamento italiano. Anche per chi non ne ha affatto bisogno, perchè ha già l’autoblù a sua disposizione. Il rimborso per le corse sulle auto pubbliche, fino a 4mila euro l’anno per gli onorevoli che abitino a oltre 100 chilometri dal più vicino aeroporto, viene erogato comunque ai parlamentari. E tra coloro che non hanno finora disdegnato questo ennesimo privilegio e spreco ci sono due campioni della moralità pubblica. Il viceministro dell’Economia Vincenzo Visco, il nemico degli evasori fiscali, e il ministro Antonio Di Pietro, ex magistrato e leader dell’Italia dei valori.
Il quotidiano Italia Oggi ha indagato sui loro saldo con Montecitorio e ha scoperto che i due esponenti della maggioranza non hanno affatto rinunciato al rimborso taxi, anche se usufruiscono entrambi di autoblù con relativo autista ministeriale. Il regolamento della Camera prevede infatti che il contributo venga attribuito, a meno di una diversa indicazione da parte del parlamentare. Cosa che evidentemente non è accaduta per i due esponenti del governo. «A precisa domanda rivolta alla Camera dei deputati - scrive il direttore di Italia Oggi Franco Bechis, che da giorni in prima pagina conduce un’inchiesta sugli sprechi della politica - non risulta che nessuno vi abbia rinunciato».
Si calcola che il costo complessivo dei rimborsi taxi non dovuti ammonti a circa un milione di euro. «Una goccia nel mare» di denaro pubblico buttato per mantenere i privilegi della classe politica. L’Adusbef ha calcolato che nel 2005 i soli deputati sono costati alla collettività - tra stipendi, indennizzi e rimborsi vari, compreso quello di 3mila euro per «chi varca i confini nazionali» - qualcosa come 40 milioni di euro.
Già un’altra volta Di Pietro era stato pizzicato dal quotidiano di Bechis, e quella volta era servito a far fare marcia indietro all’ex pm. Quando si era scoperto che la sede dell’Idv era in un immobile di cui era proprietaria una società controllata dallo stesso Di Pietro.

E che il valore dell’affitto pagato dall’Italia dei valori con i soldi del finanziamento pubblico al partito, era quasi identico a quello del mutuo pagato da Di Pietro per comprare il palazzo. In sostanza, soldi pubblici per farsi casa. Uscita la notizia, l’Idv ha deciso di cambiare sede. Magari ora Di Pietro vorrà ricordarsi anche che il taxi non l’ha mai preso.

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