Vicenza, la marcia di sabato ha già spostato la base americana

Il governo cede ai pacifisti: la caserma Usa sarà ampliata solo verso la zona militare. Pressioni su D’Alema, dopodomani in aula. Intanto la Cdl aspetta Prodi al varco: "Non ha più la maggioranza"

Vicenza, la marcia di sabato 
ha già spostato la base americana

Roma - Il giorno dopo Vicenza, la sinistra dell’Unione rilancia e chiede al suo governo di far «marcia indietro», vantando l’assenza di incidenti e la gran partecipazione alla manifestazione. Gli alleati di centro, invece, spronano il premier a tener duro, perché le politiche non si cambiano «sotto la pressione dei cortei». I toni dunque restano accesi, e sembrano promettere tempesta su Massimo D’Alema atteso mercoledì al Senato proprio sui temi della base americana di Vicenza e della politica estera. Il ministro degli Esteri parlerà dopo lo smacco subito dalla maggioranza sulle comunicazioni di Arturo Parisi, titolare della Difesa, e su pressione del capo dello Stato che ha preteso una verifica. Così, quello di mercoledì è un appuntamento cruciale per il governo e per il centrosinistra chiamato a votare. Però sta maturando una mediazione. Anzi, c’è già e salva capra e cavoli, perché il governo conferma il sì all’ampliamento della base, modificandone però la localizzazione: stesso spazio, ma invece che dalla parte individuata, da quella opposta, verso l’aeroporto militare. Salvando la faccia con gli Usa e riconoscendo la «vittoria» della sua ala estrema.
Così il titolare della Farnesina, nella rossa bomboniera di Palazzo Madama, spenderà poche parole per Vicenza dicendo che indietro non si torna, che pacta sunt servanda, gli alleati americani avranno lo spazio promesso, ma onde soddisfare le giuste esigenze delle popolazioni locali si troverà una soluzione più adeguata e ottimale. Il grosso del suo intervento sarà dedicato all’intera politica estera che sta tentando di dispiegare, e la conclusione è scontata, in perfetto stile dalemiano. Franco Giordano, Oliviero Diliberto e Alfonso Pecoraro Scanio son già stati edotti, affinché sappiano orientare i loro senatori. Ma più o meno, le parole conclusive di D’Alema saran queste: «È chiaro che se non c’è la maggioranza sulla politica estera, non c’è più nemmeno il governo». E poiché mai i capponi han tifato per il raddoppio del pranzo natalizio, è assai probabile che l’Unione non replichi il pasticcio esibito con Parisi. Tant’è che nel pomeriggio di mercoledì è già fissato il vertice coi capigruppo di Camera e Senato per discutere e soppesare il decreto di rifinanziamento della missione militare in Afghanistan.
S’annuncia dunque come il gran giorno di D’Alema, l’unico big dell’intera Unione che sappia rabbonire comunisti e postdemocristiani. O almeno, è quanto lui spera. Anche perché un contentino da offrire ai reduci dalla marcia vicentina ce l’ha già pronto, lo ha preparato per lui e per Parisi - che se ne dice entusiasta - il braccio destro di Clemente Mastella. Mauro Fabris infatti, capogruppo dell’Udeur alla Camera, è di Vicenza, e ha studiato attentamente la questione. L’accordo era di non parlarne prima della manifestazione, non si sa mai. Ma ora che non si registrano guai, gli umori si son sfogati e gli animi placati, la soluzione può essere scodellata. La modifica del progetto di ampliamento è fattibile perché i lavori sono ancora di là da venire, anzi «ancora non c’è stato il passaggio delle aree dal demanio militare agli americani». Quel che disturba i vicentini, pare sia l’ampliamento che si incunea nella città, quello ipotizzato dal lato dell’aeroporto civile. «Si accontenta la gente ed è tutto risolto, dando agli americani lo stesso spazio di cui hanno bisogno ma dalla parte dell’aeroporto militare». In quella zona ci sono già caserme e strutture, fino al 2002 c’era il comando della 5ª Ataf (ricordate la guerra nei Balcani?) ora trasferito a Ferrara.


Se le cose stanno così, sentire Giordano che invita Prodi a «incontrare le comunità locali», Marco Rizzo che intima «faccia retromarcia», o Roberto Villetti e Renzo Lusetti che invece ribattono «no alla piazza» e «no marcia indietro», ha il sapore del teatrino.

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