da Roma
Prosegue spedito il braccio di ferro della sinistra radicale sullampliamento della base americana di Vicenza. Con la riproposizione piuttosto scontata del «no» di Prc, Pdci e Verdi, decisi a costringere Romano Prodi a tornare sui suoi passi. Il tutto, è ovvio, a uso e consumo dei media, visto che - a essere ottimisti - è alquanto difficile che il governo possa fare davvero dietrofront.
Così, Rifondazione ribadisce la necessità di un referendum, «per permettere alla comunità locale di dire la propria». «Anche se non fosse vincolante - spiega il ministro Paolo Ferrero - il governo dovrebbe riconsiderare la sua posizione». Sul punto insiste anche Giovanni Russo Spena. Che assicura: «Su Vicenza continueremo a chiedere al governo che torni sui suoi passi. Si tratta di una decisione profondamente sbagliata, nel merito e nel metodo, che ci allontana dal popolo dellUnione». Secondo il presidente del Prc al Senato la politica estera dellesecutivo ne esce «offuscata» e il prestigio del nostro Paese sul piano internazionale «indebolito». Il deputato Gino Sperandio, intanto, continua il suo sciopero della fame, arrivato ieri al quinto giorno. E Sinistra critica, la minoranza interna di Salvatore Cannavò e Franco Turigliatto, raccoglie lidea lanciata da Francesco Cossiga in una lettera aperta a Fausto Bertinotti pubblicata ieri sullUnità e invita tutti i parlamentari pacifisti a «presentare una mozione contro lallargamento della base».
Anche il Pdci non lascia le barricate. E per bocca del responsabile Esteri del partito Iacopo Venier chiedono sulla vicenda «un voto del Parlamento». «Siamo ancora in una democrazia parlamentare - spiega - e quindi se il Parlamento, dopo un dibattito sereno e libero, deciderà di bloccare la base e difendere fino in fondo la piena sovranità italiana non ci sarà nessun presunto accordo precedente che possa vincolare il governo». Mentre il capogruppo alla Camera dei Verdi Angelo Bonelli invita il ministro della Difesa Arturo Parisi «a non firmare il decreto» che autorizza la costruzione della nuova base.
Più complessa la situazione nei Ds, dove si scontrano lanima riformista e quella radicale. Così, se il ministro Giovanna Melandri dice di non voler «aggiungere entropia a questa discussione», il segretario regionale del Veneto Alessandro Naccarato invita i militanti a «ritirare le autosospensioni e a continuare la battaglia assieme agli altri». Già, perché come spiega Lalla Trupia, deputata vicentina, sono 84 gli esponenti dei Ds del Veneto che hanno deciso di autosospendersi. «Un piccolo terremoto politico - spiega - che segnala grandissimo disagio e contrarietà sia verso la decisione del governo Prodi sia nei riguardi dei dirigenti provinciali del partito che cercano di minimizzare». Si difende la segreteria provinciale: «Abbiamo sempre espresso un no netto alla base. E le autosospensioni sono riconducibili, salvo rari casi, allarea di minoranza Mussi e Salvi. La Trupia invece di autosospendersi si dimetta da parlamentare».
Ieri mattina, intanto, il console generale statunitense in Italia Deborah Graze ha incontrato sindaco, prefetto e presidente della provincia di Vicenza.
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