Vigilanza Rai bloccata Il veto di Forza Italia: non votiamo dipietristi

da Roma

La baruffa era nell’aria ed è bastato un pretesto per scatenare la bagarre sulla nomina del presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai. Lo scontro politico di ieri nasce da una divisione all’interno del centrosinistra: l’Italia dei valori di Antonio Di Pietro ha infatti reclamato per l’ex sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, la poltrona che nella scorsa legislatura fu di Mario Landolfi.
Il Pd, che avrebbe volentieri aggiunto un’altra casella per sé all’elenco delle presidenze di garanzia, non ha insistito per non inasprire i rapporti già difficili con l’alleato. Basti pensare che per la Vigilanza si sarebbero potuti spendere il nome del ministro-ombra Giovanna Melandri o dell’ex titolare della Difesa Arturo Parisi che ha mal digerito l’elezione di Rutelli alla guida del Copasir. «Ho letto quel che avete letto voi», ha detto l’esponente prodiano ai giornalisti che gli chiedevano di un possibile «dirottamento» verso la guida della bicamerale di controllo su viale Mazzini.
E così sono bastate poche parole del capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, per rivoltare la frittata. «Manteniamo il no», ha ripetuto ieri riferendosi a Orlando. D’altronde, Cicchitto e la maggioranza tutta da circa due settimane non nascondono la propria preferenza per l’elezione di un esponente moderato con il quale dialogare sulla riforma della Rai tanto cara a Veltroni. «Abbiamo votato anche personalità molto lontane da noi ma che hanno caratterizzato la loro presenza politica in termini di civiltà e non di contrapposizione frontale», ha sottolineato il vicecoordinatore di Fi precisando che «se dall’opposizione viene un nome come quelli di Castagnetti, Rutelli o Migliavacca va bene, ma non votiamo Orlando o esponenti dell’Idv per la Vigilanza».
Il veto sui pasdaran dipietristi ha irritato non poco l’Idv che non ha rinunciato al classico coup de théâtre. I capigruppo alla Camera e al Senato, Massimo Donadi e Felice Belisario, hanno domandato udienza al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per lamentare come «i veti da parte della maggioranza rappresentino un vulnus alla prassi istituzionale». Il Pdl, secondo Donadi, ha «un’idea della comunicazione come qualcosa di totalmente asservito agli interessi di Arcore». «L’atteggiamento di Cicchitto farebbe decadere subito il dialogo e renderebbe poi difficile l’elezione del presidente del cda Rai che richiede i due terzi dei voti in Vigilanza», ha dichiarato Giuseppe Giulietti, diessino eletto come indipendente in Idv. Antonio Di Pietro è stato più sintetico ripetendo lo slogan che definisce il governo Berlusconi come «una dittatura dolce».
Il Pd non è riuscito a evitare le solite divisioni. L’«istituzionale» Giovanna Melandri ha puntualizzato che «il presidente lo sceglie l’opposizione e non la maggioranza». Il prodiano Giorgio Merlo, nostalgico della politica dei «blocchi contrapposti», ha invocato l’intervento del presidente della Camera Gianfranco Fini per fronteggiare l’ennesima «emergenza democratica».
Ovvia la solidarietà del Pdl a Cicchitto. «È legittimo che una forza politica decida di fare una battaglia identitaria sull’informazione, ma non è possibile che tale scelta sia corroborata dall’assunzione di una posizione istituzionale», ha osservato il capogruppo al Senato Gaetano Quagliarello. «Il serbatoio d’odio verso Berlusconi non si esaurisce mai», ha rilevato Giorgio Lainati.
L’elezione del presidente della commissione di Vigilanza rischia di allungare i tempi anche per la nomina del consiglio di amministrazione della Rai. L’organo presieduto da Claudio Petruccioli scadrà il 31 maggio e l’assemblea è convocata per il 23 e il 24 giugno.

Ma proprio la maggioranza qualificata richiesta in commissione per la designazione del numero uno di viale Mazzini e le contrapposizioni di questi giorni potrebbero determinare un’impasse. «Non ci spetta l’onere della proposta che è del presidente del Consiglio ma è ovvio che possiamo dire di no e che nella discussione ci saranno anche delle proposte», ha già fatto sapere Paolo Gentiloni (Pd).

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