La vigilia del derby Inter-Milan Incubi e speranze di un tifoso

Un giorno a Inter-Milan: la vigilia vissuta dalla "pancia" di un tifoso Dall’adrenalina del lunedì alla depressione del sabato. Ma dopodomani... Le ultime dai ritiri: Inter, si ferma Maicon. Milan, Nesta è ancora ko

La vigilia del derby Inter-Milan  
Incubi e speranze di un tifoso

Tutti sappiamo che il lunedì è il giorno peggiore della settimana. Ma due volte l’anno il lunedì diventa il giorno migliore della settimana (o il meno peggiore). Accade nelle settimane che precedono il derby. Settimane tutte uguali, indipendentemente da Calloni o Van Basten, da Icardi o Rivera, da Bet o Baresi. Settimane in cui la partita si annuncia in un lento ma inesorabile crescendo di borbottii della coscienza, come un temporale d’autunno.

Anche lunedì scorso, infatti, è stata una buona giornata. Dal tabaccaio, ho incontrato Ricky. No, non Kakà. Kakà non fuma mica. Come potrebbe fumare uno con quella faccia da seminarista? Intendo Ricky Albertosi. A dir la verità non sono sicuro al cento per cento che fosse lui. I baffi li aveva, e le mani grandi e nodose come radici di quercia che ho visto agguantare il resto erano le sue. Naturalmente non gli ho chiesto l’autografo, non l’ho mai chiesto a nessuno. Gli ho soltanto sorriso quando si è appoggiato al banco per grattare il suo Gratta e Vinci. Ha vinto dieci euro.

Martedì mattina ero in ritardissimo. Così ho preso al volo un taxi per venire in redazione. L’adesivo del Milan appiccicato sulla portiera mi ha messo di buon umore. «È dura domenica, eh?», ho detto all’autista. «Belìn è dura sì». Che strano, un tassista genovese a Milano. L’ho guardato meglio, a un incrocio con il semaforo fuori uso che l’ha costretto a fare destra-sinistra-sinistra-destra con il capoccione. Non ci crederete: Ramon Turone, il primo libero con i piedi da centrocampista del calcio italiano. Non gli ho chiesto un pronostico, temendo d’esser contagiato dal suo pessimismo ligure.

Mercoledì pomeriggio, solite avvisaglie di mal di testa dopo il quarto, disgustoso caffè preso alla macchinetta del terzo piano. Squilla il cellulare. È Claudio, compagno di mille vigilie. «Indovina chi ho visto al supermarket?». «Maldini». «Meglio». «La signora Maldini». «Meglio». «Mi arrendo». «Pietro Paolo». «Grandissimo. Che dice?». «Be’, era alla cassa... non son riuscito a parlargli». Virdis, il nostro amatissimo Virdis. Che meraviglia quel cross per Hateley. E la finta che fa sdraiare Zenga...

Giovedì, puntualissima, una giornata di m... Mal di testa, mal di gola, bruciori di stomaco: il campionario psicosomatico in formazione tipo. Mi sentivo peggio di Kaladze fra Ibrahimovic e Adriano. Tornato a casa, immediatamente a letto senza cena. Incubi. Nicola Berti fa gol a meno di cinque minuti dalla fine; Tassotti allarga le braccia (e questa è storia, signori) e vola dal campo fin sopra il mio posto al secondo anello. Sospeso nell’aria, mi urla: «Colpa tua, non hai fatto la diagonale».

Ieri, venerdì, come previsto testa, gola e stomaco si sono rimessi in carreggiata. Ma sono subentrati, con un giorno d’anticipo, stanchezza diffusa e dolori articolari. Inoltre, chi trovo in banca? Il signor Benetti, detto «Romeo» perché, come il bodyguard del Gianni, ha la passione dei canarini. Penso a Flamini e non mi capacito...

Oggi? Oggi, come sempre, c’è Nini Rosso che suona Il silenzio. Depressione. «Loro sono tanti, io sono solo». La Sconfitta avanza a passi felpati, in pantofole. Inutile tentare di fuggire. Questa sera accenderò la tv, sperando di non incrociare il Basletta che parla dei tempi del Paròn.

E domani? Domani, in fondo, è l’ultimo dei problemi.

È la domenica (non il sabato) del villaggio, un atto dovuto, la lettura della sentenza, la certificazione di un destino che ognuno s’illude di ingannare o indirizzare. «Altro dirti non vo’, caro Milan; ma la tua festa ch’anco tardi a venir non ti sia grave».

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