Cronaca locale

Vigorelli, solo 500 islamici I clandestini non pregano

Pochi fedeli ieri sul prato del velodromo: «Ci sentiamo come animali in gabbia»

Vigorelli, solo 500 islamici I clandestini non pregano

(...) che invoca rispetto» dice uno striscione dei giovani musulmani: «Non siamo solo oggetti del dibattito - spiega uno dei ragazzi - abbiamo la nostra voce e vorremmo che fosse ascoltata». Alle 12.30 via Arona è ancora un deserto. Qualche residente osserva a distanza che tutto proceda senza problemi, fra decine di agenti di polizia, carabinieri, vigili urbani. Va in scena la protesta della Destra. «Sono fascisti», ribatte il presidente del centro islamico Abdel Hamid Shaari, che si guarda intorno: «Se dovesse piovere questo posto non andrà più bene». Parla degli spostamenti previsti per l’estate, poi della soluzione definitiva tutta da trovare: «Siamo nomadi ma la pazienza finisce», scherza quando gli chiedono se è verosimile un ritorno a viale Jenner in caso di fallimento delle altre prospettive.
Alle 13.13 la chiamata alla preghiera, sull’erba sintetica bagnata. L’imam vestito di bianco parla dal lato di largo Domodossola. Gli altoparlanti sono appoggiati su una sedia e su una cassetta per le offerte. Inizia la kuthba, il sacerdote invita i fedeli a un ruolo positivo nella società in cui vivono. Fa riferimenti alle vicende di questi giorni: «Non cadete nelle provocazioni», dice. Gli uomini ascoltano, inginocchiati o seduti, qualcuno è distratto. Le donne - una ventina - sono sugli spalti, sul lato sud. Chiuse nei burqa, o nei niqab. I bambini si rotolano sul prato, o ridono appoggiati al legno scorticato della pista. Una bancarella vende i cd delle preghiere, ma anche bermuda, magliette e profumi. Ha pronti panini e bibite in lattina. Quando arrivano i tappeti verdi da viale Jenner il sermone è quasi finito. Ma continua a entrare gente. Dieci minuti dopo si alzano tutti in piedi. Si allineano, c’è grande raccoglimento. Centinaia di fedeli rispondono al canto dell’imam. Le mani giunte davanti al petto. Alle 14.16 è tutto finito. Un uomo va da Shaari a protestare perché secondo lui non c’era la possibilità di una corretta abluzione delle mani. Si arrabbia: «I profeti di odio sono dappertutto», commenta il presidente.
I giovani musulmani si ritrovano al centro del velodromo per commentare la preghiera: «Continuavano a entrare infiltrati e estranei», dice uno. Sostengono che la presenza di persone alle spalle dell’imam da un punto di vista religioso invalida la preghiera: «Come murare l’altare per i cristiani», spiegano.

«Non c’era scelta, per non alzare polveroni dobbiamo garantire la massima trasparenza e fare gli animali in gabbia, come in una riserva indiana».

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