Villari re per una notte spegne il cellulare

LO SFOGO In mattinata il presidente eletto aveva avvisato i suoi colleghi di partito: «Violente pressioni»

RomaLo sussurrò davvero, Galileo Galilei, quel celebre «eppur si muove» mentre lo processavano nel convento di San Macuto? Di certo non si muove Riccardo Villari, asserragliato nell’ufficio appena conquistato proprio a in quello stesso palazzo di San Macuto. Per ora, però. Dicono che sia infuriato, coi suoi che lo hanno offeso e ferito, e con quelli del Pdl che ieri sera infine lo han mollato. Non risponde al telefono. Non si fa trovare. Da Franco Marini gli è giunta un’offerta consolatoria, perché comunque le sue dimissioni son necessarie per dare attuazione all’accordo triangolare Letta (il grande, non il nipote)-Veltroni-Napolitano. Ma il freschissimo e già bruciato (metaforicamente) presidente della Vigilanza Rai appare deciso a morire in piedi, è convinto che se ritorna come un figliol prodigo nella casa del Pd, Veltroni finisce di scannar lui invece del classico vitello. Dunque Villari resiste, almeno per l’ultima notte; e per non dar soddisfazione a Veltroni che, finalmente salvato da Berlusconi, garantiva le dimissioni «volontarie» entro ieri sera. Ma i senatori democratici suoi «amici» ostentano tranquillità, ed anzi han rinviato la sentenza ad oggi. Perché son certi che Villari si dimetterà in mattinata, subito dopo il colloquio col presidente della Camera Fini.
Toccherà proprio a Fini, spiegargli che non c’è più storia, anche le condizioni che Villari stesso aveva posto per dimettersi, cioè l’accordo bipartisan sul nome del suo «legittimo» successore, son maturate sulla figura prestigiosa di Sergio Zavoli? Pare di sì, perché lui dai suoi non se lo vuol far proprio dire, e si rifiuta pure di parlare ancora con Bocchino e Quagliariello: col primo, ha avuto ieri sera una furibonda discussione. E se non si dimette nemmeno oggi, se pur sbollita la rabbia giunge a convincimento che ormai è un paria per gli uni e per gli altri, che non ha più nulla da meritare né da perdere? Be’, se così fosse ci sarà da divertirsi. Villari contro tutti. Altro che Galileo.
Il processo comunque è stato sospeso. Anna Finocchiaro, che ieri sera raggiungeva il direttivo del suo gruppo per spiegare «che abbiamo un’intesa con la maggioranza sul nome di Sergio Zavoli», era anch’ella serena e placata: «Sappiamo che domani Villari andrà dal presidente della Camera Gianfranco Fini e quindi attendiamo che coerentemente manifesti la sua prontezza a dimettersi». E se non lo fa, lo cacciate dal gruppo? «Siamo in una situazione di attesa», ha risposto lei con prudenza, «è maturata la condizione che il senatore Villari aveva posto. Siamo nelle condizioni migliori per procedere all’elezione di Sergio Zavoli». Ormai lo han piegato. Se Di Pietro maramaldeggia accusandolo di aver fatto il Giuda per trenta denari, lui è semmai convinto di esser stato venduto per una somma assai maggiore.
Le ultime parole della giornata, Villari le aveva affidate ad una nota delle 18, mentre Marini tentava di ridurlo a più miti consigli e quando ai colonnelli del Pdl non era giunta ancora la lieta novella col sigillo del premier. Amarissimo: «Sono sottoposto a pressioni di inaudita violenza. L’elezione a presidente della commissione di Vigilanza non deve comportare una tale condizione. Nella mia qualità di parlamentare della Repubblica ho l’obbligo e il dovere di contribuire a garantire il funzionamento delle istituzioni. A questo intendo attenermi nel pieno rispetto di quanto previsto dalla nostra Costituzione respingendo qualsiasi forma di pressione e di intimidazione». Al mattino era andato a Montecitorio dove erano stati convocati i commissari Pd della Vigilanza, senza Veltroni. E lì, nonostante il «passo indietro» di Di Pietro, aveva insistito chiedendo che i vertici raggiungessero col Pdl anche l’accordo sul nuovo candidato. Ma a sera, quando i commissari son stati radunati dallo stesso Veltroni, Villari s’è rifiutato. E sull’Aventino, stavolta s’è ritirato lui.
Il direttivo torna a riunirsi in tarda mattinata. E anche se Villari volesse resistere ancora, saranno «buoni» con lui.

Le minacce di ieri mattina - sospensione, espulsione, anche il rogo o la tortura se fossero leciti - ora son già dimenticate. Al più, gli faranno un «richiamo». Forse «scritto», per sembrar più severi. Ma l’eretico dovrà piegarsi, prima o poi. Come Galileo.

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