Alberto Toscano
da Parigi
«Tutte le forze del mio governo sono impegnate nella battaglia per il lavoro», dichiara il nuovo primo ministro francese Dominique de Villepin nel suo discorso programmatico all'Assemblea nazionale. Un discorso quasi completamente fondato sulla ricerca di un modo per risolvere il problema numero uno dei francesi: la disoccupazione, ormai arrivata al 10,2 per cento della popolazione attiva. In Francia il voto di fiducia parlamentare non è indispensabile a un nuovo governo (basta l'unzione presidenziale), ma Villepin ha chiesto ugualmente ai deputati d'esprimersi. Un rischio ben calcolato perché quelli del suo partito (l'Union pour un Mouvement populaire, Ump) dispongono da soli della maggioranza assoluta.
Eccezion fatta per l'Ump, tutti i gruppi parlamentari hanno aspramente attaccato il programma del nuovo governo. Sorprendente è stata la durezza dell'intervento di François Bayrou, leader dell'altro partito del centrodestra transalpino: l'Union pour la Démocratie française (Udf). Bayrou ha praticamente accusato il primo ministro di vendere fumo e di non saper trovare una strategia per lo sviluppo nazionale. Il segretario del Partito socialista François Hollande ha a sua volta criticato Dominique de Villepin, raccogliendo gli applausi di quasi tutti i deputati della propria formazione politica. Il suo avversario interno Laurant Fabius ha però ostentatamente evitato di manifestargli il proprio sostegno.
Morale: la Francia resta sconvolta dalle stimmate del referendum del 29 maggio, quando l'ondata dei no al Trattato costituzionale europeo è stata anche (forse soprattutto) un modo per denunciare i problemi nazionali. Dunque in primo luogo la disoccupazione, che Villepin intende far calare a colpi sia di volontarismo sia di aperture d'ispirazione liberale. Il calo delle tasse sul reddito (che era la grande promessa di Jacques Chirac ai connazionali in occasione delle presidenziali del 2002) è sospeso. Ogni disoccupato che rinuncia ai sussidi per trovare un lavoro verrà premiato da un assegno di mille euro.Chi, per contro, si gode i sussidi - rifiutando le offerte di lavoro - potrebbe essere punito.
Le norme sul lavoro verranno rese più flessibili. Sgravi fiscali sono possibili per le imprese che praticano una politica d'assunzioni, ma su questo il primo ministro non ha fornito troppi dettagli. Il salario minimo (che in Francia è stabilito per legge dal governo) aumenterà a partire dal mese prossimo, con l'evidente obiettivo di renderlo più appetibile del sussidio di disoccupazione.
Il problema è che tutte queste misure hanno un costo non trascurabile. Il nuovo primo ministro non ha detto se e dove intende tagliare la spesa pubblica, eccezion fatta per il settore sanitario, il cui enorme deficit continuerà a essere il grande «sorvegliato speciale» dello Stato francese. Una boccata d'ossigeno verrà dalle privatizzazioni, destinate a continuare nella seconda metà di quest'anno con la cessione di quote minoritarie dei gruppi pubblici Edf (Electricité de France) e Gdf (Gaz de France). I sindacati hanno protestato immediatamente, denunciando quella che le principali confederazioni considerano come una «svolta liberale».
In realtà il referendum sull'Europa ha spaccato al loro interno le due grandi componenti dell'arco politico transalpino. A sinistra il clima è pessimo soprattutto in seno al Partito socialista, lacerato dalla sfida tra Hollande (fautore del sì alla Costituzione) e Fabius (partigiano del no). A destra - visto che il Front national di Le Pen non ha seggi in Parlamento - quasi tutti i deputati presenti ieri all'Assemblea nazionale s'erano impegnati per il sì, ma la vittoria del no ha indebolito il presidente Jacques Chirac, di cui Villepin è il braccio destro.
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