Cultura e Spettacoli

VINCE IL FORMAT PERDE IL CONDUTTORE

VINCE IL FORMAT PERDE IL CONDUTTORE

Ora che ci avviamo alla fine dell'anno e si cominciano a fare i primi bilanci televisivi, è evidente che questa stagione ha segnato più di altre l'importanza del format, e in certi casi il suo strapotere, rispetto al ruolo dei conduttori mai apparsi così ininfluenti sotto il profilo degli ascolti. Più passano i mesi e più si è costretti a constatare che i conduttori non possono essere quasi mai decisivi rispetto al programma che conducono. Hai visto Pupo alla guida del format vincente Affari tuoi? Fa quasi gli stessi spettatori dello strombazzato Bonolis. Hai visto Mentana, che sembrava il salvatore della patria di Serie A e le prende da Baudo tanto quanto Bonolis? Vale, rovesciata, la stessa tesi: in questo caso è il format di Serie A, troppo lungo, a non funzionare indipendentemente da chi gli sale in sella. E le conduttrici di Al posto tuo che cambiano ogni anno (mai titolo fu più profetico nell'indicarne il cinico turn over) ma l'audience rimane identica? Stesso principio, conta il format. E Chi l'ha visto? con la ricca casistica di conduttori che si alternano senza spostare gli ascolti? E L'eredità che batte ogni giorno Passaparola nonostante Gerry Scotti sia più bravo di Amadeus al di là di ogni ragionevole dubbio? Merito evidentemente del format di Affari tuoi o demerito di Passaparola, il che è lo stesso. Siamo ormai succubi dei format, dati alla mano. Eppure lo strapotere dei format rispetto all'elemento umano della conduzione non è un segnale automaticamente positivo. Innanzitutto perché ridimensiona l'importanza del talento, dell'estro individuale, delle differenze di stile e personalità tra chi fa tv, rendendo sempre meno importante la capacità del singolo o comunque subordinandola alle superiori esigenze più o meno rigide del format. E poi perché non si può dire che i format brillino, generalmente, per originalità ideativa e vitalità creativa. Sono certamente funzionali alla televisione di oggi e alle sue esigenze, ma come si sa sono fonte di omologazione televisiva internazionale e il loro dominio appiattisce alla lunga sia l'autonomia della programmazione nei vari Paesi che la valorizzazione di nuovi conduttori, nuove personalità, nuovi stili. Perché investire negli uomini e in idee non sfruttate se quel che conta è acquistare un format già sperimentato con successo all'estero? Perché dare spazio a volti nuovi se a risultare decisivo è comunque il programma? Stando così le cose non si capisce il motivo degli strabordanti compensi che ancora strappano molti conduttori né l'importanza loro concessa.

Probabile che, in virtù delle indicazioni di questa stagione, si assista a un giro di vite in tal senso.

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