«Il Carlo Felice va dove dice la politica. Sarà così e basta. Perciò abbiamo ufficializzato la nomina di Pacor a Sovrintendente al Carlo Felice fino a maggio 2012 con contratto a tempo determinato e un salario ridotto del 20 per cento pari a 110mila euro. Allo stesso tempo abbiamo ufficialmente accettato le dimissioni del manager-direttore di staff Renzo Fossati. Il 31 gennaio dovremmo essere in grado di comunicare anche gli sponsor e gli investimenti dei privati necessari per fare continuare a vivere il nostro teatro».
Compagni avanti così. Finita la «fase 1 adesso comincia la fase 2» del Carlo Felice. Il Marchionne dell'Opera genovese era stato chiamato da Riccardo Garrone. In una manciata di mesi, grazie alla rivoluzione dei contratti con il personale, ha risanato i conti dell'Ente riducendo il buco di bilancio da 16 a circa 4 milioni di euro. Lui se ne va «orgoglioso di essere stato paragonato a Marchionne». E se ne va in punta di piedi, con una prestazione manageriale fornita senza beccarsi un euro e con lo spirito di servizio che ieri mattina gli ha fatto annunciare: «non ci sono stati problemi nei confronti di nessuno, si è trattato di scelte precise. Ho presentato dimissioni irrevocabili perché il mio compito appariva esaurito. Tuttavia, se qualcuno me lo chiederà, sarò come sempre a disposizione. Per il Carlo Felice sono pronto a lavorare nuovamente e gratis».
Finalmente il Teatro ripartirà con due opere (Pagliacci e Mameli), un balletto e una sinfonia di alto livello e unopera di Cajkovskij «Iolanta». Nei prossimi mesi, inoltre, saranno studiati spettacoli anche tenendo conto della ricorrenza del gemellaggio culturale Italia-Russia. «Le cose devono essere messe a posto - continua Marta Vincenzi - ribadisco che dove va il Teatro lo stabilisce la politica, ma la gestione e le condizioni riguardano i tecnici. È ovvio che ci aspettiamo risultati. Non esistono uomini che vanno bene per tutte le stagioni. Il direttore di staff sarà sostituito dalla nuova figura di responsabile di staff che sarà un manager alle dirette dipendenze del Sovrintendente». La diarchia nella gestione e nelle scelte dei teatri - ribatte il regista Sergio Maifredi - non funziona mai.
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