Verona - È proprio un periodo che noi italiani non possiamo prescindere dai francesi e dalle botte che ci danno in capo. Li avremo pure sconfitti nella finale calcistica planetaria di Berlino 2006, ma poi hanno nazionalizzato Carla Bruni, vorrebbero azzerare l’Alitalia, ci rimpiccioliscono a livello ristoranti Michelin, hanno dubitato della nostra mozzarella di bufala quando noi siamo i primi sostenitori dei loro formaggi e anche del loro Champagne. Mannaggia ai nostri cugini, da cui abbiamo solo da imparare a livello di marketing. Nella giornata inaugurale del 42° Vinitaly a Verona, si torna a parlare di etichette e cosa salta fuori? Che le hanno inventate loro, i francesi. Tutto merito, guarda caso, dello champagne. Prima del Settecento pare che nessuno etichettasse le merci agroalimentari. Poi è successo che Dom Perignon inventasse le bollicine e con esse il primo vino che andava imbottigliato perché impossibile per le damigiane. Prima il nome del produttore, poi la zona di produzione, quindi il vitigno, le denominazioni e i consorzi, le note allegre e da poco quelle macabre come per le sigarette. Ieri convegni e appelli.
La Coldiretti ha attaccato una volta ancora il ministro De Castro e la possibilità data a chi produce vini da tavola, qualcosa come il 60% del mercato, tantissima quantità ma ben scarsa qualità, di precisare annata (e fin qui passi) e vitigno, il vero problema perché siamo in Italia. Nel senso che molti produttori si stanno attrezzando, vitando in Romania e paesi improbabili, uve sagrantino, la più a rischio taroccamento, quindi vernaccia, prosecco e aglianico. Questo perché sarà possibile commercializzare questi vini, nati all’estero e imbottigliati in Italia, con etichette del tipo Sagrantino 2009 (scritto bello grande) Vino da Tavola (scritto ben piccolo). Finirà che l’esperto cercherà il Sagrantino di Montefalco Docg, poi, come per i vari balsamici, troverà chi lo spernacchierà perché ha trovato un «ottimo» Sagrantino a pochi euro.
E questo non è il solo grattacapo per il mondo enologico italiano. Le maggiori aziende produttrici del vino italiano più famoso nel mondo, il Brunello di Montalcino, sono sotto inchiesta dalla magistratura di Siena con l’ipotesi di frode alimentare.
Secondo le ipotesi dei pm tredici case vinicole avrebbero violato il disciplinare di produzione del Brunello utilizzando uve non Sangiovese nell’arco di tempo fra il 2003 e il 2007. I magistrati hanno anche disposto il sequestro delle bottiglie dell’annata 2003 di alcune delle più celebri case di produzione: Antinori, Frescobaldi, Argiano e Castello Banfi.
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