Per Violante l’eutanasia è un fatto di classe

Per Violante l’eutanasia è un fatto di classe

da Roma

Lo scontro - soltanto di idee e civilissimo, in verità - ingaggiatosi tra Civiltà cattolica e Gustavo Zagrebelsky si allarga, mette in discussione il «diritto oggettivo» non solo all’eutanasia e all’aborto ma anche ai Pacs, e si carica di forti contenuti politici, tali da segnare con vigore questi ultimi giorni di campagna elettorale. Dopo la risposta dell’autorevole rivista dei gesuiti al presidente emerito della Corte costituzionale, scende in campo il quotidiano dei vescovi italiani per stigmatizzare l’alleanza tra socialisti e radicali, rimproverando allo Sdi anche il «tradimento» della memoria di Bettino Craxi che firmò il nuovo Concordato. A tener banco è ancora principalmente il dibattito sull’eutanasia, e i politici son chiamati a pronunciarsi specialmente a sinistra. Così, ecco dichiararsi contrario Luciano Violante, con la motivazione probabile che l’eutanasia privilegia i ricchi.
Può sorprendere la differenziazione del capogruppo Ds alla Camera rispetto al pensiero giuridico laico della «scuola torinese», ma ad una domanda postagli in una trasmissione televisiva che non è ancora andata in onda, Violante avrebbe testualmente risposto: «Sono contrario all’eutanasia anche per difendere i ceti più poveri». Lo riferisce l’Agi, senza fornire ulteriori spiegazioni. Forse l’ex presidente della Camera teme che, legalizzando l’eutanasia, chi non può pagare di tasca propria le cure più costose rischia di venire eliminato prima degli altri, o forse gli è rimasto il retaggio del vecchio Pci che non si batteva per il divorzio perché «interessa ai ricchi» e «gli operai non divorziano» come si diceva in una certa sinistra ancora negli anni Sessanta. Tant’è che Violante si è dichiarato contrario, a differenza di Alfonso Pecoraro Scanio che invece accusa il centrodestra, in particolare gli aderenti al Ppe, di «strumentalizzare» i messaggi di papa Ratzinger. Al leader del Sole che ride risponde dall’Udc Luca Volontè: «Se Pecoraro avesse letto la Centesimus Annus, già nel referendum di luglio avrebbe considerato i bambini almeno alla stregua degli ortaggi», un ripasso di quell’enciclica gli servirebbe «a capire quanto l’ecologia umana non preveda né piccoli matrimoni omosex, né frullati di embrioni, né eutanasia infantile».
Più significativa e pesante è invece la critica che Avvenire rivolge allo Sdi in un lungo articolo pubblicato nell’inserto settimanale. La tradizione socialista «sembra smottata su sponde laiciste», scrive il giornale della Cei accusando il patto su cui si fonda la Rosa nel Pugno ad un «dietrofront su alcuni temi cruciali che fa piazza pulita di elaborazioni e confronti, frutto di una cultura che pare aver smarrito le sue coordinate». Un esempio? Le posizioni espresse un tempo in tema di denatalità, famiglia e diritti del nascituro, da socialisti come Claudio Martelli e Giuliano Amato, ora «clamorosamente contraddette» da Enrico Boselli.

Un’inversione di tendenza negli eredi del socialismo italiano, «si è registrata ancor più radicale rispetto alla linea favorevole al Concordato del segretario Bettino Craxi, che ne firmò la revisione il 18 febbraio del 1984, mentre la Rosa nel pugno oggi vuol farne carta straccia».

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