Roma - La vicenda Visco-Speciale è entrata nella «grey zone». La zona d’ombra nella quale non si discute più soltanto su chi non dice la verità (il viceministro o il comandante della Guardia di finanza), ma anche nella quale si rincorrono voci, indiscrezioni, veleni. Habitat alimentato anche dalla lunga visita di Vincenzo Visco da Prodi a Palazzo Chigi, seguita a una colazione di lavoro fra il presidente del Consiglio ed il ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. Al centro degli incontri, ovviamente, le risorse a disposizione per il rinnovo del contratto degli statali: lunedì è fissato l’appuntamento con i sindacati. Ma, secondo voci raccolte a Via Venti Settembre e a Piazza Mastai (sedi del ministero Economia), nelle riunioni sarebbe stato affrontato il «caso Visco».
Il vice ministro avrebbe manifestato l’intenzione di rimettere non tutte le deleghe ricevute da Padoa-Schioppa. Ma solo quelle previste al terzo comma dell’allegato al Decreto del Presidente della Repubblica che lo nomina vice ministro (Dpr 7 del 7 giugno 2006). Vale a dire, quelle deleghe piene che il ministro gli ha affidato sulla Guardia di finanza. L’obbiettivo di Visco è quello di riottenere, in un secondo momento, le deleghe sulle Fiamme Gialle. Nel frattempo le deleghe sul Corpo rientrerebbero nell’orbita di Padoa-Schioppa. La soluzione (consigliata, fra l’altro, anche da Roberto Calderoli, Lega) consentirebbe al vice ministro di allentare la tensione intorno al caso; disinnescherebbe la mozione della Casa delle Libertà al Senato (orientata proprio alla revoca delle deleghe); e punterebbe a mettere nell’angolo il Comandante generale della Guardia di finanza. Con un particolare. Roberto Speciale non può essere destituito dal referente politico, ma dal consiglio dei ministri.
E Prodi difficilmente è pronto a correre il rischio di portare un provvedimento al Consiglio dei ministri per destituire Speciale. La compattezza del governo in difesa di Visco, infatti, non si può certo definire «granitica». Antonio Di Pietro e Clemente Mastella stanno da tempo manifestando disagio per questa vicenda. E non solo loro. Arturo Parisi, per esempio, è convinto che il governo «ha le capacità per rispondere ai problemi che dovrebbero proporsi e che si sono già proposti a riguardo». Cesare Salvi, uno dei leader della Sinistra democratica, vuol sapere dal governo perché il procuratore di Milano era allarmato dalla storia dei trasferimenti degli ufficiali della Finanza, chiesti da Visco.
Anche Pierluigi Bersani è convinto che la vicenda Visco «è solo un polverone e finirà come tutti i polveroni». In realtà, se l’ipotesi della remissione della delega sulla Guardia di finanza da parte di Visco dovesse prendere corpo, sta lì a dimostrare che oltre al fumo c’è anche l’arrosto. E il governo corre ai ripari, con un escamotage giuridico, a un problema che poteva diventare più grave. Come la discussione parlamentare della mozione presentata dalla Casa delle libertà.
La calendarizzazione della mozione (che chiede proprio la revoca delle deleghe di Visco sulle Fiamme Gialle) verrà discussa martedì prossimo dalla conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama. «Non occorre che i capigruppo delle opposizioni si agitino. La maggioranza ha sempre garantito la possibilità di svolgere dibattiti sulle mozioni». Una disponibilità alimentata anche dalle posizioni di Cossiga e Rotondi. Sia l’ex capo dello Stato sia il leader della Dc per le Autonomie hanno già fatto sapere di non votare la mozione.
Nonostante i due voti in più, però, la maggioranza teme che se la mozione dovesse ottenere il «voto segreto» dell’aula i rischi non mancherebbero. E per evitarli sarebbe intervenuta l’ipotesi (favorita dalla «grey zone» che ha avvolto il caso) che sia lo stesso Visco a rimettere le deleghe sulla Finanza, per poi riottenerle ad acque più tranquille. L’operazione, però, può funzionare soltanto se effettuata in tempi brevi.
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