Pure per farsi curare in ospedale ci vuole la raccomandazione. O meglio ci vuole una  spintarella. Se i tempi si allungano troppo il paziente può riuscire miracolosamente ad  accelerarli, facendosi magari visitare privatamente e a pagamento dal medico che poi lo opererà  nella struttura pubblica. Succede ad un paziente su tre. 
 É un dato del tutto nuovo che emerge dall' indagine Aspettative e soddisfazione dei cittadini  rispetto alla salute e alla sanità condotta dal Censis e presentata al ministero della Salute  alla presenza del ministro, Ferruccio Fazio. Ed è proprio il ministro a definire preoccupante  questo dato ed a promettere di impegnarsi per facilitare l'ingresso negli ospedali per chi ne ha  bisogno. «Dobbiamo avviare una riflessione sugli strumenti specifici da adottare per evitare  questo fenomeno in futuro -dice Fazio- È la prima volta che il dato emerge in maniera così  chiara e vuole dire che ci sono ancora grossissimi problemi sul meccanismo dell'intramoenia, un  meccanismo ben lontano dall'essere di per sè perfetto ma che può funzionare».
 Circa il 30 per cento dei pazienti, secondo il rapporto, dichiara di aver dovuto seguire una  trafila burocratica complessa e faticosa prima di potere essere ricoverato; il 21,4 per cento  (quasi il 30 al Centro e nel Mezzogiorno) afferma di aver dovuto ricorrere a conoscenze  personali per poter avere accesso all'ospedale. La soglia di tolleranza degli italiani per  l'attesa di una prestazione è un mese. Non sorprende, visti i tanti casi recenti che la  malasanità faccia più paura al sud. Tre italiani su quattro ritengono poco o per nulla frequenti  i casi di malasanità (intesi come errori diagnostici o terapeutici con conseguenze significative  sulla salute dei pazienti) ma questa quota si riduce al 58,3 per cento al sud, dove il 34,5 dei  residenti li ritiene abbastanza frequenti e il 7,2 molto frequenti. Al nord il 90 degli  intervistati ha dichiarato di ritenere poco frequenti i casi di malasanità e se si analizza il  dato si scopre che nel Nord-Ovest i casi di malasanità sono ritenuti «poco» probabili dal 73,6  degli intervistati e «per nulla» probabili dal 19,5. Nel Nord-Est tali percentuali divengono  rispettivamente il 71,3 e 16,4.
 Valori simili si rilevano rispetto al ritenere probabile che un paziente ricoverato in ospedale  possa subire un grave errore medico. In media gli intervistati lo ritengono poco o per nulla  probabile nel 70 per cento dei casi ma questo dato scende al 51 al Sud. La valutazione espressa  dai pazienti sulla loro esperienza diretta di ricovero rimane nel complesso positiva anche se  vengono evidenziate testimonianze di malfunzionamento e di cattiva gestione, limitate a una  minoranza di casi. Il 72,6 per cento dei cittadini che nell'ultimo anno hanno ricevuto cure  ospedaliere in regime di ricovero ritiene di essere stato sempre informato puntualmente sulle  proprie condizioni, contro il 27,4 che pensa l'opposto.
Visita a pagamento "obbligatoria" per ottenere il ricovero in ospedale
L'indagine Censis: un paziente su tre deve farsi visitare privatamente dal medico che lo opererà nella struttura pubblica. «Vuol dire che ci sono ancora grossissimi problemi sul meccanismo dell'intramoenia» commenta il ministro della Salute, Ferruccio Fazio.
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