Marina Gersony
Estate uguale afa, città semivuote, vacanze alle porte e anziani molto spesso abbandonati a se stessi. Ed ecco ripresentarsi puntuale il problema di come provvedere e a chi affidarli tra sensi di colpa e malcelati fastidi. Arrivano in soccorso le «importatrici di cure», le cosiddette badanti, termine usato nel gergo dei servizi socio-sanitari e ora entrato nel linguaggio comune. Presenti nelle case di molte famiglie italiane, oggi chiedono più garanzie e una retribuzione adeguata. I dati ufficiali sono ormai noti e parlano di circa mezzo milione di donne provenienti da diversi Paesi, ma potrebbero essere 900mila secondo uno studio effettuato dal Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale (Cergas) della Bocconi. La vera questione è quanto possa valere in termini di denaro la «custodia» di quegli anziani meno fortunati che non hanno la fortuna di avere una famiglia come sostegno bensì parenti latitanti. Come quantificare il lavoro di queste donne che svolgono un ruolo fondamentale fra le pareti domestiche nostrane? Secondo la Caritas hanno un'età media di 30 anni ed espatriano per il guadagno e aiutare la propria famiglia. Un'inchiesta rivela che si sentono come «una scappatoia per i figli che non vogliono occuparsi dei vecchi» e «un aiuto in una società dove non c'è più posto per gli anziani». Nel Nord Italia ritengono che le famiglie presso cui lavorano non mostrano alcun interesse nei loro confronti. Il lavoro è duro, richiede resistenza e una disponibilità di 24 ore su 24 per meno o poco più di mille euro al mese.
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