UNA VITA DA COLLEGE

Viaggio nei campus del Massachusetts dove Tom Wolfe ha ambientato il suo ultimo romanzo «Io sono Charlotte Simmons» e dove gli studenti di tutto il mondo scelgono di studiare per avere l’istruzione più completa del pianeta

Alle sei del pomeriggio si svuotano i viali del campus e si riempie Harvard Square. Chi studia nei college americani della East Coast vive ventiquattr’ore in un mondo che in Italia è difficile da spiegare. Per capirlo bene, per comprendere che cosa significhi essere attivi anche quando si dorme bisognerebbe venire qui. Qui è nell’area di Boston, dove l’università è qualcosa di più di un posto dove si ascolta una lezione, si studia, si dà un esame e alla fine si lancia un cappello in aria. Questa è l’area del mondo in cui c’è la maggior concentrazione di atenei: tanti e ottimi. Tanti e tra i migliori del pianeta. Qui c’è Harvard, da una trentina d’anni la migliore università del mondo. Qui c’è il Mit (il Massachusetts institute of technology) dove i premi Nobel in materie scientifiche hanno studiato e adesso insegnano. Qui c’è la storia dell’educazione universitaria che ha ereditato l’esperienza inglese e l’ha trasformata in un fenomeno globale. Studiare in Massachusetts è il massimo. Vivere qui gli anni del campus vuol dire immergersi in un film che sembra preso da un romanzo ma invece è vita vera. Allora si può partire dall’ultimo lavoro di Tom Wolfe, I’m Charlotte Simmons: è ambientato nella Dupont University: punto di arrivo obbligato di quella gioventù Usa che, da grande, governerà la prima potenza del mondo. Charlotte è un'intelligente matricola, originaria di un piccolo paese di montagna del North Carolina, che approda nel miraggio grazie a una borsa di studio. Wolfe racconta un incontro tra due mondi, anzi uno scontro, imbastendo un romanzo sociale spietato nei confronti della morale e della politica americana. Sotto la lente di ingrandimento dello scrittore finiscono i miti più resistenti degli ultimi 30 anni: tra questi, il fatto che quel centro di aggregazione sociale e politica che erano le università Usa hanno invece subito una tale trasformazione da essere diventate volano per la riproduzione del conformismo e della sopraffazione. Retta da un «politicamente corretto» asfissiante e snervante, la Dupont University è il simbolo di una generazione per la quale conta più l'apparenza e si piega all'ignoranza. Allora governa l'alcol, la musica rap, l'assoluta ritrosia verso il passato e, soprattutto, il sesso. La fiction scritta da Wolfe è la caricatura di un mondo che è fatto anche di altro. Perché nei campus della East Coast il sogno non s’è spezzato, non s’è piegato alla logica perversa dell’apparenza come sintesi del sistema universale di valori.
Per accorgersene basta arrivare a Boston ed entrare in un college. Uno come l’Emerson. Si trova al centro della città all’angolo tra Tremont Street e Boylston Street. Qui arriva chi vuole specializzarsi in giornalismo e comunicazione. L’Emerson è un gioiello dell’educazione: nelle aule per il giornalismo televisivo il futuro è già arrivato. Ognuno degli studenti può simultaneamente utilizzare le immagini che gli arrivano dai circuiti internazionali, dal web, oppure dalla regia interna e dalla bassa frequenza. All’Emerson arriva chi ama la radio: esiste un corso per conduttori radiofonici e per l’intrattenimento via etere. Interno al college è anche il teatro che sta dall’altra parte della strada: qui i ragazzi studiano recitazione, ma anche regia. E lo stesso vale per chi vuole studiare come si fa la televisione: nel grattacielo dell’Emerson ci sono tre studi tv dove si registrano talk show e altre trasmissioni. Conducono prima i professori, poi i ragazzi e gli altri fanno il pubblico. Da qui sono usciti star del giornalismo televisivo, volti noti della Cnn, della Cbs, della Nbc. Sono quelli che hanno già realizzato il sogno di Carrie Sheffield, studentessa a un passo dalla laurea in giornalismo televisivo: «È una favola studiare qui, è fantastico stare al centro del mondo». Il centro del mondo dei ragazzi dell’Emerson è il loro grattacielo, poi dalle cinque del pomeriggio è il centro della città, pieno di locali e di vita.
La stessa che fanno i ragazzi del Berklee, un altro college che pulsa al centro di Boston. Questo è il campus dei musicisti. Il migliore sulla terra. Ha circa 3.800 iscritti e 430 insegnanti (cifra del 2004). La scuola fu fondata da Lawrence Berk che la chiamò Schillinger House of Music in onore del suo insegnante di musica Joseph Schillinger. Nel 1954, dopo la nascita di suo figlio Lee Berk, Lawrence cambiò il nome in Berklee School of Music. Successivamente la scuola venne riconosciuta dal U.S. Secretary of Education (ente per la certificazione delle scuole negli Stati Uniti), e il suo nome mutò definitivamente nel 1973 in Berklee College of Music. All'epoca in cui fu fondata la maggior parte delle scuole di musica si focalizzava principalmente sulla musica classica. La missione originale di Berklee fu quella di fornire un insegnamento formale sul jazz, sul rock e su altre musiche popolari non disponibili in altre scuole di musica. Qui hanno studiato personaggi come Keith Jarrett e una delle star della musica Usa di metà anni ’90, Paula Cole. Un ragazzo che arriva al Berklee diventa il protagonista di Saranno Famosi. Quello vero, quello di Leroy Johnson. Il che vuol dire vivere anche in questo caso una realtà che sembra un sogno.
Il discorso non può cambiare se si passa a Cambridge, cittadina che con Boston di fatto fa quasi corpo unico. Un piccolo agglomerato urbano che è l’unico al mondo ad avere due atenei celebri sul suo territorio: Harvard e il Mit. Ecco per capire che cosa sia un’università americana bisogna guardare queste due. Il Mit è la culla della scienza mondiale. Una minima idea di che cosa significhi fare lo studente qui l’ha data il film Good Will Hunting-Genio ribelle con Matt Damon. Chi entra al Mit può diventare una star della ricerca mondiale: non c’è ateneo che abbia i docenti che lavorano qui. Una decina di premio Nobel in fisica, chimica e matematica insegna in questo posto che s’appoggia lungo Massachusetts Avenue e si estende per due isolati. Perché il Mit è un microcosmo, dove si può vivere ventiquattr’ore al giorno: librerie e biblioteche sono aperte fino alle cinque del mattino e chi invece vuole rilassarsi torna nello studentato o si diverte nei bar che fanno da corona agli edifici del campus. Poi c’è sempre Harvard Square, che è il cuore della gioventù dell’area di Boston. È al centro di Cambridge, laddove i muri dell’università di Harvard circondano l’ateneo più prestigioso del mondo. Fuori il divertimento, dentro il rigore. Perché Harvard è austera e allo stesso tempo divertente. La cerimonia d’inaugurazione è uno spasso: le matricole arrivano e vengono vestite da harvardiani, con il rosso amaranto dovunque. Allora interviene il rettore che parla e racconta l’importanza di essere qui, sorride e raccomanda i giovani: «Studiate e diventerete qualcuno. Chiunque esca da Harvard non è una persona normale. È uno di noi». Poi tocca agli altri. Tocca ai ragazzi più grandi, che intonano l’inno dell’università, seguono il tempo di tamburi e trombe. Cantano tutti. Cantano anche i genitori, perché prima dei figli ad Harvard magari c’erano stati loro e non l’hanno dimenticato. Studiare e vivere da harvardiano è il sogno di mezza America e adesso anche di mezzo mondo: i programmi per gli studenti stranieri aumentano. Adesso gli italiani sono una ventina. Uno di loro è Riccardo e viene da Roma: «Harvard? Un sogno. L’università raccontata da Tom Wolfe? Non è la verità. Qui ci si diverte, a volte si esagera, ma alla fine rientra tutto nella normalità della vita di un giovane».
Non si esagera al Wellesley College. Questa è l’università più rigorosa dell’area di Boston. È uno dei cinque atenei esclusivamente femminili di tutti gli Stati Uniti d’America. Qui non si esagera non perché qualcuno lo vieta da regolamento, ma perché le studentesse vengono per diventare le donne più importanti del Paese. Allora a Wellesley arrivano per immergersi in un posto che è fuori dalle piacevoli distrazioni di una metropoli come Boston. Stanno in campagna, immerse nel verde più verde che c’è. Sono in un posto costruito per accogliere le ragazze più intelligenti d’America. Qui ha studiato Madgaleine Albright, ex segretaria di Stato dell’Amministrazione Clinton. Qui ha studiato Hillary Clinton. E forse la prima presidente donna degli Stati Uniti sarà una studentessa di Wellesley.

Magari però non sarà la signora Clinton, ma qualcun’altra.

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