Ma la vita da miss non è una bellezza

Bella tu sei qual sole, bianca più della luna, e le stelle, le più belle, non son belle al par di te. Alleluia, brava gente: Miss Italia è cattolica. Di più: è cresciuta in parrocchia ed è stata guida scout. Di più: va a scuola dalle suore. Di più ancora: persino i preti tifano per lei. Che dire? Mike Bongiorno e Loretta Goggi valgon bene una messa, specie se vespertina e celebrata nel tempio catodico.
Non vorrei apparirle blasfemo, cara Silvia Battisti nata dalle mie parti, testé incoronata a Salsomaggiore regina di bellezza. Ma l’accostamento mariano m’è venuto spontaneo leggendo le dichiarazioni rilasciate all’Arena dal suo insegnante di religione all’istituto Seghetti di Verona. Non so se suggestionato dal lato A oppure dal lato B, fatto sta che padre Angelo Sorti ha commentato: «Non c’è nulla di male nella bellezza se viene vissuta nella sua giusta dimensione, come un talento che ci viene da Dio». Salve regina. Ha messo a frutto i suoi talenti, secondo il precetto evangelico. «A chiunque ha, sarà dato». E a lei, che ha fascino da vendere, vedrà quanti contratti daranno da firmare, adesso.
Eppure vorrei metterla in guardia, a differenza di padre Sorti, circa le umilianti incombenze del mestiere che la attende. Pur essendo passati vent’anni, ho un ricordo piuttosto nitido di chi è e di che cosa deve fare la più bella del reame. È il ricordo degli esordi della veronese che precedette Silvia Battisti nella storia – parola grossa – di Miss Italia: Michela Rocco di Torrepadula. Proprio lei, la futura signora Mentana. Era dunque il 1987 e al posto della squalificata Mirka Viola, che aveva infranto il regolamento in quanto sposata e madre, venne proclamata vincitrice questa fascinosa diciassettenne di nobili origini. Poiché viveva in riva all’Adige, parve naturale agli organizzatori condurla in visita ad limina nel quotidiano locale che ne aveva cantato le gesta.
Sul far della sera si presentò nella redazione di San Martino Buon Albergo (ha presente, Miss Silvia? Cinque chilometri da Marcellise, dove abita lei) la reginetta acqua e sapone di sangue blu, lunga lunga secca secca, con codazzo di dignitari e damigella al seguito. Indossava una maglietta da liceale, in mano teneva un borsone sportivo. E lì, nel corridoio vetrato che divideva i box dei giornalisti dai banconi dei tipografi, in piazza, insomma, Michela dovette spogliarsi, riporre i suoi vestiti nella sacca e rimanere in costume da bagno, indossato evidentemente prima di partire da casa. Stesso rituale per l’accompagnatrice, che vergognosa si copriva tuttavia le gambe con un pareo. Una fu bardata con lo scapolare «Linea Sprint Miss Italia», l’altra con la fascia «Linea Sprint Miss Cinema»: nel caso non le avessimo distinte. Dopodiché cominciò il giro trionfale: direzione, interni ed esteri, provincia, sport, fotocomposizione, fotolito, rotativa, spedizione, centralino. Omaggi floreali, sorrisi, flash. Mancarono solo i baci. Devo avere ancora in fondo a qualche cassetto la foto in cui s’intrattiene amabilmente col qui presente caposervizio. Se Enrico Mentana, che nel frattempo è diventato suo marito e padre dei suoi bambini, non si offende, la cerco e gliela mando per ricordo.
Eh sì, «la bellezza è un dono di Dio e così va trattata», predica padre Angelo, il docente di religione. Scusi, reverendo: così come? «Non avvilendola a pura esteriorità ma valorizzandola con l’interiorità della persona». Ma certo. E quindi una prova dell’esistenza di Dio bisogna pur offrirla, almeno una volta l’anno, ai connazionali increduli: Miss Italia. Merce buona per tutte le stagioni. Tant’è che Enzo Mirigliani, il patron del concorso, ad aprile farà 90 anni. Fulvio Roiter mi ha raccontato che un giorno passeggiava per Milano con Indro Montanelli e Salvator Gotta. A un certo punto il fotografo e il giornalista s’accorsero d’aver perso per strada l’autore del Piccolo alpino, che all’epoca andava anche lui per i 90. Tornarono sui loro passi e trovarono Gotta incantesimato davanti alla vetrina di un’agenzia di viaggi. Guardava le gigantografie delle bellezze al bagno su spiagge esotiche. «Ma che fai? Alla tua età ancora pensi a queste cose?», lo trascinarono via. E lui, con un sospiro: «Il desiderio non muore mai». Appunto.
«Ho detto a Silvia di restare ciò che è, una ragazza semplice, anche se è diventata famosa», ha spiegato la madre di Miss Italia ai giornalisti. Come no, signora. Peccato che l’altra sua figlia, Chiara, abbia raccontato ai medesimi: «Silvia è seguita in ogni momento da una guardia del corpo, da una segretaria e da un autista a disposizione 24 ore su 24. Non ho avuto neppure il tempo di darle un bacio. Non ha potuto prendere in mano il telefonino nemmeno in ascensore perché anche in quell’angolo doveva mettersi in posa». Silvia stessa s’è lamentata: «Dormivamo pochissimo, stavamo tutto il giorno con i tacchi, c’erano riprese e foto da fare: è stata durissima. Lunedì, prima di cominciare la trasmissione, volevo smettere, tornare a casa». Era questo che desideravate per lei? L’ha avuto. «È stanchissima. Non ha mangiato molto ultimamente. Le serve qualche buon piatto. Ora non rivedrò più la mia bambina». Parola di mamma. Allegria, direbbe Mike.
Sinossi: i preti insegnano che la bellezza è un talento divino da spendere al concorso di Miss Italia, il Belpaese ha ogni anno bisogno della carne fresca di Mirigliani per specchiarsi nella grandezza del Creato, le madri e le sorelle si rammaricano per il furto degli affetti dopo essersi inorgoglite per i fasti della vittoria. Consola, fra tanta insipienza, scoprire che almeno nei coetanei di Silvia, massì, proprio in questi giovani che spesso ci sembrano tanto amorali e sciapi, rimane accesa la fiammella di una sana ritrosia di fronte alla spietatezza dello star system. Basta leggere le testimonianze raccolte fra gli allievi dell’istituto frequentato da Miss Italia, retto dalle Figlie del Sacro Cuore di Gesù che nel loro sito pubblicano una foto trionfante della premiata con al collo la fascia «Cotonella» (ramo mutande in pizzo Sangallo). Valentina, sua compagna di classe: «Tutte quelle storie sul lato A e sul lato B mi sono sembrate stupide. Non parliamo poi delle misure. Che scemenze. Come se il valore di una persona si misurasse così». Ester, compagna di scuola fin dalle medie: «Nella vita c’è qualcos’altro per le ragazze oltre a Miss Italia». Emilio: «Mai guardata Miss Italia. L’ho fatto per Silvia. E quasi quasi mi addormentavo...». Francesca, Angela e Giulia: «È sbagliato puntare tutto sul fisico. Ci sono tante ragazze che non sono così belle ma hanno un grande potenziale intellettuale. E non valgono certo meno delle miss». Altre amiche alla fermata del bus: «Facciamo un premio alla più intelligente, a quella che se la cava meglio a scuola. Meglio questo che le menate sul lato B, no?».


La nonna di Miss Italia, Aurelia, 79 anni, mentre la nipote sfilava a Salsomaggiore col numero 051 appuntato sul seno (ma non riescono, maledizione, a trovare un sistema più decoroso per catalogarle? È lo stesso bollino che viene appiccicato alle ragazze in vendita nei casini di Bangkok e alle mucche alla fiera del bestiame di San Michele), recitava il rosario perché Silvia non vincesse. Appena avuta notizia dell’incoronazione, ha cominciato a pregare ancora di più. Per fortuna sono rimaste le nonne a insegnare religione.
Stefano Lorenzetto
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it

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