nostro inviato ad Acquasanta Terme (Ascoli Piceno)
Strana, però, la vita di Maurizio Montalbini. Con tutti i secoli che ci toccherà trascorrere sottoterra, quando il turibolo comincerà a oscillare per noi, solo un trappista mancato come lui, innamorato perso delle profondità dell'essere - e dunque speleonauta dell'anima, per così dire - poteva decidere di ritagliarsi delle gran fette di requiem in anticipo, per vedere l'effetto che fa.
Che gusto c'è?, mi domandavo prima di imboccare l'ultimo tratto della grotta in cui è sepolto da 235 giorni, in fondo al crepaccio che taglia in due questo pezzo di montagna, tra i querceti e le ginestre in fiore di Acquasanta.
Ecco, che gusto c'è? gli domando appena me lo trovo davanti, nella sua cella da abate Faria del ventunesimo secolo, dieci metri per due e una rete da pollaio all'intorno per difenderlo dall'assalto dei topi. Lui ride divertito, si accarezza il pizzo che lo fa somigliare a Italo Balbo, e risponde allegro, accarezzando il volto della moglie Antonella che non vede dal 14 ottobre scorso: «Meglio abituarsi all'idea, così quando arriva il gran momento uno almeno sa di che si tratta. Con un'avvertenza, nel caso mio. Io vorrei essere sepolto senza bara, in un bosco, così anche da morto potrò servire a qualcuno o a qualcosa: alla terra, agli animali, alle piante».
Un'ora fa Guido Galvagno, l'avvocato che da sempre segue gli esperimenti di Montalbini, gli ha comunicato a sorpresa, chattando sul computer che ha tenuto il trappista in collegamento col campo base che l'avventura, l'ultima della serie, era finita. Galvagno era a bordo del camper che da ottobre è ormeggiato a una curva della strada che sale alla frazione Pozza. Lui, l'ultimo eremita, (210 giorni in isolamento fra l'86 e l'87, 366 fra il '92 e il '93, record mondiale) è sepolto un centinaio di metri qui sotto, sorvegliato a vista da una web cam. Quando ha letto la notizia sul video, Montalbini ha fatto un sorriso sbalestrato, come quegli ergastolani un po' rincoglioniti da anni di assenza di gravità ai quali comunicano a freddo che c'è la firma del presidente sotto la loro domanda di grazia; poi si è un po' commosso e infine, intuendo i cronisti alle porte (e le telecamere che verranno a fargli festa oggi quando uscirà all'aria aperta) ha cercato di mettersi in ghingheri col niente che si è portato appresso, dandosi una spolverata alla felpa nera e sostituendo il fez da marcia... interiore a un basco da incursore nei misteri del sé.
Di quello che è successo da ottobre a oggi non sa nulla. Nessuno gli ha detto che in Francia c'è un presidente nuovo che si chiama Sarkozy; nulla sa del generale Speciale e di Bush che ha riparlato del deficit di democrazia in Russia; giorni e notti sono trascorsi senza sapere di Martina Colombari, la quale ha rivelato che «Billy è finalmente solo mio», e che Simona Ventura e il pediatra Stefano Martinelli «si amano davvero».
Eppure, è sopravvissuto ugualmente. «E mi sono risparmiato un bel po' di sederi di veline...».
A differenza delle passate «immersioni», quando ad appassionarlo erano più certi esperimenti di natura biomedica, Montalbini stavolta era partito per un'incursione nei territori della psiche. «Volevo verificare certe tecniche anti ansia e anti stress, imparare a gestire il sonno e l'insonnia, reimparare a sognare e diluire i sogni a puntate, aumentare le mie capacità telepatiche. Non sto parlando di magia, badi. Parlo solo del recupero di certe facoltà che la razza umana possedeva, e ha smarrito. In queste condizioni, nel silenzio e nella solitudine assoluta, la capacità di concentrazione diventa altissima; la percezione del tempo si fa altra. Voi, per esempio, mi dite che è il 6 giugno. Secondo i miei calcoli, oggi era domenica 18 febbraio».
Se dovesse fare lui, domani, un titolo di giornale, Montalbini punterebbe sulla parola «armonia». «È il coraggio di non bluffare con se stessi, di sperimentarsi, di non nascondersi dietro le apparenze. Solo così, attraverso l'isolamento spazio-temporale, si riesce a trascendere il nostro livello materiale».
Stando 235 giorni da solo, nelle viscere della terra, avrà fatto di nuovo i conti con se stesso. Cos'ha imparato di nuovo? Cos'è che non serve alla vita degli uomini? «L'ambizione, il denaro, il successo, la macchina lunga. Io non mi do arie da saggio, e neppure da missionario. Ma questa dimensione, la solitudine più verticale, ti insegna che quasi tutto quello che ci pare importante non lo è. L'essenza delle cose sostituisce l'assenza delle cose».
Per arrivare alla grotta di Montalbini (che ha perso 22 chili) tocca percorrere una forra da briganti tagliata da un torrente in tumulto, e guadarlo in più tratti appesi alle corde fissate lungo il percorso dai Vigili del Fuoco. Un tratturo da Indiana Jones, con gli stivali che imbarcano acqua e le mani impastate di fango. Una sorta di cammino iniziatico, volendo cedere alla suggestione. Quando ci sente arrivare, Montalbini fa partire un Codice di Pachelbel, e le note di un organo invadono il budello di roccia millenaria. Uno di noi sarebbe stato sconvolto dopo otto mesi di sommergibile in solitaria, con 90 metri di roccia sopra la testa. Lui ride allegro come ci fosse entrato ieri sera. All'intorno, il niente che gli è servito. Una branda, due stufette elettriche, una cyclette per fare un po' di moto, il fornello per il tè, un lavandino e una doccetta, il computer e la scorta di cibo in pillole («senza sapore, perché se una sa di pollo, poi ne vuoi una che sa di pesce, e magari non c'è»).
Uno così, nel mondo sta a disagio. Oggi saluterà le telecamere, si affaccerà per un attimo, poi filerà nel suo romitaggio sul Monte Prata, a 1700 metri di quota, dove lui e il suo amico Pietro hanno realizzato una piccola serie di celle scavate nella roccia. Chi vorrà fare i conti con se stesso è pregato di accomodarsi.
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