Roma

A Viterbo tornano le tavole sacre e la memoria storica

Sono ritornate nel Museo Civico di Viterbo le tavole della Pietà e della Flagellazione di Sebastiano del Piombo (1485-1547), dipinte per due chiese della città dove sono rimaste fino all’800, per confluire poi nelle collezioni civiche. Nel 2008 sono state esposte (dopo un lungo restauro), nella prima mostra monografica dedicata all’artista a Palazzo Venezia e poi alla Gemaldegalerie di Berlino. «Una grande immagine per Viterbo», dice il sindaco Giulio Marini, «servono strutture importanti per accogliere opere importanti» e indica il cammino da percorrere. Dalla ristrutturazione dell’ex tribunale al ripristino completo del museo civico dopo il crollo del 2005, al recupero dell’ex mattatoio.
Grande pittore, stimato dai contemporanei, in possesso di una tecnica prodigiosa, Sebastiano è l’eterno secondo nonostante la modernità della sua pittura. A Venezia, sua città natale, apprende il colore e la maniera moderna di Giorgione, ma è a Roma che s’inizia alle forme scultoree. Vissuto in un’epoca di giganti, chiamato da Agostino Chigi a lavorare alla Farnesina alla Lungara, conosce Raffaello, l’antagonista di sempre e con Michelangelo ha un rapporto intenso e dialettico.
Unanimamente riconosciuta come un’opera «speciale» e irripetibile, lodata da Vasari che attribuisce l’invenzione e il cartone a Michelangelo, la Pietà della chiesa di san Francesco decorava la cappella gentilizia del chierico della camera apostolica Giovanni Botonti che era in contatto con Chigi nel cui entourage gravitava Sebastiano. L’imponente pala, «felice sintesi del disegno toscano con il colorito veneziano», in primo piano il Cristo morto disteso sul bianco sudario, dietro la Madonna non più giovane, le mani giunte e lo sguardo verso il cielo sullo sfondo di un paesaggio tenebroso mentre sorge la luna, è un unicum nella storia dell’arte europea e un vertice assoluto per il pittore. Soddisfatto della Pietà il committente decise di affidargli anche l’incarico per una grande pala con la Flagellazione di Cristo, destinata al primo altare a destra della chiesa dell’Osservanza del paradiso.
I due dipinti, con il sostegno della Regione Lazio, della Fondazione Carivit e il supporto organizzativo di Mondomostre, sono stati riconsegnati al museo che conserva la memoria storica della città e del territorio, ospitato nell’ex convento medievale dei Serviti di Monte Senario. Volendo lasciare l’allestimento realizzato nel ’94 dall’architetto Franco Minissi, il difficile problema del controllo microclimatico è stato risolto ricorrendo a tecnologie innovative. Le tavole sono state inserite in teche in materiale acrilico, antiriflesso e antisfondamento, che assicurano condizioni ottimali di temperatura e di umidità e consentono di vedere anche il retro delle tele, in una delle quali compare un disegno di Michelangelo. Viterbo, Museo Civico, via Francesco Crispi 2, tel. 0761-348275.

Orario: 9-18, lunedì chiuso.

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