A uccidere Gino Tommasino, consigliere comunale del Pd a Castellammare di Stabia, è stato un iscritto del Pd. Un killer camorrista con la passione (e la tessera) del partito di Franceschini. Non solo. Nel gruppo di fuoco che nel febbraio scorso pianificò lagguato vi sarebbe poi un secondo iscritto al «circolo dei veleni» del partito democratico, ma qui le versioni divergono: per le forze dellordine, anche il complice del sicario aveva la tessera; per il segretario cittadino - contattato dal Giornale - si tratta invece di omonimia, anche se lo stesso segretario, in una lettera riservata inviata al coordinatore provinciale Enrico Morando (che ha commissariato il circolo), di omonimia non parla.
Fra gli assassini che riempirono di piombo il politico mentre si trovava in macchina col figlio tredicenne, ci sono infatti questi due appartenenti al clan DAlessandro, che domina nella zona: Salvatore Belviso e Catello Romano. Due nomi che compaiono nellelenco ufficiale del circolo Pd del comune stabiese. Gli altri due, Raffaele Polito, e Renato Cavaliere, che era già in cella per altri reati, avevano invece procurato la tessera ad alcuni loro parenti. Su Catello Romano la conferma del segretario cittadino del Pd, Gaetano Cimmino, è disarmante: «Catello è in effetti un nostro iscritto - osserva - ma al momento delladesione era incensurato». Vero, ma come ha confessato lui stesso al momento della cattura, aveva già compiuto cinque omicidi. La presenza del secondo è invece contestata dal rappresentante locale del Pd: «A noi risulta essere un caso di omonimia - afferma sempre Cimmino -, le date di nascita non corrispondono, il Belviso iscritto al partito, come si vede dallelenco ufficiale fornitomi dalla segreteria provinciale, è più giovane di quello arrestato». Peccato per che nella lista degli iscritti, visionata dal Giornale, accanto al nome di Belviso non cè alcuna data di nascita. Belviso non è uno qualunque. Originario di Vico Equense, è cugino e braccio destro di Vincenzo D'Alessandro, che comanda il clan, e figlio di Michele, fondatore del gruppo criminale. Pochi giorni prima delloperazione condotta dalla squadra mobile partenopea, era finito in galera per estorsione ma si trovava già in libertà. La sua faccia, e la sua fama, non sono un segreto in quel di Castellammare, essendo già in passato incappato in non pochi guai giudiziari. Circostanza che non gli avrebbe impedito di recarsi nel circolo del Pd per iscriversi e dare il suo contributo politico. Catello, invece, si è iscritto al Pd poco più di un anno fa. Dopo il fermo il giovane camorrista ha ammesso non solo di aver partecipato al delitto del consigliere comunale, ma di essere anche lautore di altri cinque omicidi compiuti in pochi mesi e prima delladesione al partito. Dei 2943 iscritti al circolo locale, a quanto apprende il Giornale, vi sarebbero altri parenti o sodali di persone vicini ai clan. Eppure le iscrizioni di un anno fa venivano monitorate da una commissione ad hoc, creata allo scopo di evitare inflitrazioni. I dirigenti locali avevano il compito di segnalare alla federazione provinciale le persone sospette che si presentavano con l'intenzione d'iscriversi. Ma di allarmi non ne giunse nessuno. Zero. Nemmeno quella, se risulterà vera, del cugino e braccio destro del boss nè quella di altre decine di nomi. «A noi questi nomi di gente vicina a persone sospette non risultano - osserva Cimmino - comunque non mi pare il caso di drammatizzare la vicenda». Intanto salta fuori il presunto movente dellagguato. Gino Tommasino, eletto con la Margherita nel 2005 e poi approdato nel Pd, non era estraneo al clan D'Alessandro. Secondo le ultime rivelazioni di due pentiti, sarebbe stato fatto fuori perchè si era impossessato di 30mila euro destinati ai boss. A Castellammare proprio di recente si sono fatti vivi sia Bersani che Franceschini. Il 12 ottobre, solo due giorni dopo i clamorosi arresti (come si può vedere dalle foto riportate dal sito www.stabiachannel.
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