Vancouver 2010

Vittima sacrificata ai Giochi del modernismo

Dove porta l’Olimpiade del modernismo e dello spettacolo ad ogni costo? A listare a lutto una bandiera. Non finisce sempre così, ma spesso l’ingordigia uccide

Vittima sacrificata ai Giochi del modernismo

Dove porta l’Olimpiade del modernismo e dello spettacolo ad ogni costo? A listare a lutto una bandiera. Non finisce sempre così, ma spesso l’ingordigia uccide. L’Olimpiade invernale è sempre stata la sorella snobbata: per quasi settanta anni (le prime a Chamonix, 1924) è capitata nello stesso anno di quell’altra (ultimi Giochi di coppia nel 1992: Albertville e Barcellona), poi è stata sfalsata (Lillehammer 1994-Atlanta 1996), separata per motivi di business e ovviamente di interesse.
Le tv avrebbero pagato di più e meglio, l’audience avrebbe assunto aspetti più interessanti. Ma per riuscire ad essere una bellezza del reame anche l’Olimpiade invernale ha dovuto fare un po’ di restyling, diventare più spettacolare. Era necessario vivacizzare gare di fondo lunghe e un po’ noiose, non bastava affidarsi al brivido delle gare alpine, ci voleva qualcosa in più del bob e dello slittino attrezzati ai tempi della nonna.
E l’Olimpiade si è adeguata, il profumo di danaro ha aguzzato l’ingegno: sono spuntate le gare sprint del fondo, si sono sdoppiate le gare fra tecnica classica e tecnica libera, sono comparsi freestyle e snowboard per la gioia di grandi e piccini, le gare a squadre di pattinaggio veloce e di salto con gli sci, è stato rigenerato il curling (quel gioco delle pentole sul ghiaccio), è tornato lo skeleton, interrotto nel 1952 e riattivato nel 1998 (2002 per le ragazze), l’hockey ha accolto le donne nel 1998.
Le gare femminili sono andate di pari passo con quelle maschili, meglio se con gareggianti carine. Oggi siamo arrivati alle vamp, alle tute trasparenti, alla guerra tra stilisti per la danza del pattinaggio.
Di tutto, di più e, qualche volta, di troppo. Storia degli ultimi venti anni tra ghiaccio e neve. E l’Olimpiade ha fatto centro, la tecnologia si è evoluta, sono comparsi sci larghi, rotondi e volanti. Il bob e i bobbisti si sono attrezzati come si trattasse di gestire capsule spaziali. Le piste dello slittino sono diventate sempre più veloci ed impressionanti. Quella di Vancouver voleva essere la reggia del muro del suono, là dove volano gli uomini siluro. Una pista sulla quale toccare i 150 km all’ora ed anche più. «Quando l’ho provata, ho pensato che qualcuno si sarebbe ammazzato», ha raccontato l’americano Tony Benshoof. Una delle curve è stata soprannominata 50/50, sintesi tra la possibilità di passare indenne o di incappare in un incidente.
Sport e spettacolo, l’Olimpiade invernale ha vinto il suo oro, si è evoluta, non regge il confronto con quella estiva, ma si è avvicinata al gusto televisivo, all’idea di non farti cambiare canale appena vedi paletti e trampolini, slittini e pattini. Ha appassionato ragazzi e curiosi e non solo antichi suiveurs.
Ci sono Paesi che vivono per godersi i Giochi d’inverno ed altri, come il nostro, che hanno bisogno di doparli: discesisti che rischiano di spaccarsi in quattro per la pericolosità della pista, slittini e slittinisti che volano, stramberie sulle tavole, salti e sprint, gare che facciano salire l’adrenalina. L’Olimpiade si è adeguata e i suoi atleti rischiano la pelle. Ma adesso è sport da business.

Prima era solo sport.

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