Politica

La vittoria dei terroristi

La liberazione di Mastrogiacomo è avvenuta in cambio di concessioni politiche da parte dell’Italia a uno dei gruppi talebani. Dobbiamo capire quali per valutare l’operato del governo. Prodi e D’Alema ritengono che la maggioranza non possa reggere la continuazione della missione Onu e Nato in Afghanistan in caso di uccisioni di soldati italiani o di eventi simili. L'elettorato dell'estrema sinistra, con pregiudizio antioccidentale o pacifista lirico, li userebbe come scuse per invocare una posizione ritirista assoluta costringendo così i partiti che li rappresentano a rischiare la caduta del governo piuttosto che la perdita del consenso.
Per tale motivo già da tempo il governo ha avviato un dialogo riservato con i gruppi talebani, così sintetizzabile: noi vi diamo di fatto il riconoscimento di soggetti politici legittimi, vi aiutiamo a mantenere - con la proposta di conferenza di pace come copertura - l'influenza sulle zone di coltivazione del papavero oppiaceo, ma in cambio non attaccate i nostri. È un'ipotesi, ma resa molto robusta dai comportamenti e dalle dichiarazioni: l'Italia ha fatto concessioni politiche ai talebani non in occasione del rapimento di Mastrogiacomo, ma ben prima.
Il sequestro del giornalista, pertanto, è stato o un incidente oppure il tentativo di uno dei signori della droga talebani, Dadullah, di entrare in questo affare perché forse si sentiva escluso o meno remunerato di altri. Chi può indaghi su tale importante dettaglio. Ma qui è più importante sottolineare che gli alleati occidentali sapevano cosa l'Italia stesse facendo, non piaceva loro, ma hanno dovuto accettarlo per non rischiare un ritiro delle nostre truppe che avrebbe messo in crisi non solo l'operazione afgana, ma l'intera Nato.
In sintesi, da mesi si era creato un equilibrio per cui all'Italia era concesso, pur con pressioni a non farlo, traccheggiare in cambio della sua permanenza. Ma in questo equilibrio ci sono dei limiti. Per esempio, il governo afghano sta trattando con alcuni talebani la loro zona di influenza, per addomesticarli, ma selezionando con chi trattare e come e non facendolo decidere da altri. Un altro limite è quello di non concedere riconoscimenti aperti ai diversi gruppi guerriglieri, in particolare a quelli più irriducibili. Il nostro governo, per liberare Mastrogiacomo, ha superato tali limiti: lo scambio dei prigionieri, il riconoscimento della leadership di Dadullah. Ha dato all'ala qaidista dei Taliban una vittoria clamorosa.
Gli alleati e Karzai hanno aiutato l'Italia comunque per le ragioni dette sopra e non diranno alcunché. Ma è evidente un nuovo problema: il ventre molle italiano della missione è più molle di quanto si temeva perché il nostro governo non riesce a tenere sotto controllo nemmeno la peculiare posizione di «equilibrio» concordata. Ogni talebano che si sente escluso dalle trattative con Kabul ora sa che basta rapire un italiano per rientrarvi, facendosi amico Strada come strumento per il giochetto. Infatti il governo afghano sta reagendo duramente. Non voglio dire altro perché c'è una speranza di raddrizzare la situazione e perché abbiamo bisogno del silenzio per approvare il rifinanziamento della missione. Taceremo. Ma non si può tacere che il governo ha agito da dilettante e che il prezzo politico per la vita di Mastrogiacomo è stato troppo elevato.
Carlo Pelanda
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carlopelanda.com

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