Vittoria europea per le Pmi italiane: arriva il «Made in»

È una svolta storica per l’Europa, ma soprattutto per le piccole e medie imprese. E porta i sigilli dell’Italia. Il Parlamento di Strasburgo ha approvato ieri il regolamento che finalmente tutela il «made in», ovvero gli industriali del tessile, della pelletteria e delle calzature che producono davvero nel Vecchio continente. La norma era già stata approvata dalla Commissione mercato interno, ma ieri ha ricevuto il via libera anche in seduta plenaria con ben 528 sì, 108 astenuti e 18 contrari. Persino i tedeschi e i socialisti hanno votato a favore.
Un trionfo, che in buona parte è merito di Lara Comi, giovane eurodeputata del Pdl, che per mesi si è battuta tenacemente per questa causa, che all’inizio sembrava persa. Ma è stata tutta la delegazione italiana a seguire per una volta il gioco di squadra: destra, centro e sinistra compatti; con la sponda, decisiva, di Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea per l’industria e per l’imprenditoria. «Siamo rimasti uniti e abbiamo vinto», commenta la Comi al Giornale. Più forti della potentissima lobby delle multinazionali, che era contraria per ovvi motivi. Fino a oggi si poteva produrre in Cina o in Vietnam e poi apporre il marchio Made in Italy o Made in France: bastava che un passaggio, anche formale, della lavorazione fosse svolto nell’Unione europea.
Il regolamento dovrà ora essere approvato dal Consiglio europeo, «ma essendo stato formulato a larghissima maggioranza dall’Europarlamento, e beneficiando dell’appoggio della Commissione, è improbabile che i capi di Stato e di governo si rifiutino di seguire queste indicazioni», osserva la Comi. Il Trattato di Lisbona, infatti, ha attribuito più poteri all’Europarlamento, che non ha più una funzione meramente consultiva. Per approvare un regolamento è necessario il via libera del Parlamento, della Commissione e del Consiglio europeo.
Le nuove norme prevedono l’obbligo di etichettatura per i beni prodotti fuori dall’Unione europea e impongono delle regole anche per la produzione interna alla Ue. Solo chi effettua almeno due passaggi di lavorazione essenziali su quattro potrà esibire il marchio «Made in Eu» o «Made in Italy». Il nuovo regolamento europeo rispecchia la legge sul Made in Italy, nota come Reguzzoni-Versace, approvata all’unanimità dal nostro Parlamento, ma che rischiava di essere annullata per infrazione con le norme Ue; un’eventualità che svanirà non appena arriverà il via libera del Consiglio europeo.
Il marchio «100% Made» in sarà invece consentito solo a chi produce i propri beni interamente in Europa.

Per una volta, insomma, vengono premiati i piccoli e medi produttori, che per anni hanno invocato, invano, una tutela contro i colossi che producevano all’estero senza dichiararlo ai consumatori e imponendo prezzi esorbitanti, vantando un Made in Italy che non era tale. Insomma, il mercato diventa più trasparente, più corretto. Era ora.

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