Al Vittoriano la casa dei nostri migranti

Una storia fatta di porti e sbarchi, di lavoro, sudore, dolore e speranza. Una storia costellata di discriminazioni, ma anche di successi invidiabili. È la storia degli oltre 29milioni di italiani emigrati dal 1861 a oggi, partiti alla volta dell’Europa e - soprattutto - delle Americhe, dell’Africa, dell’Oceania e dell'Asia in cerca di una vita migliore.
Una storia che dal 25 settembre prossimo avrà un suo museo nazionale, nato dalla collaborazione tra il ministero degli Affari Esteri e il ministero per i Beni e le Attività Culturali. Il Mei (Museo Nazionale Emigrazione Italiana), avrà la sua sede negli spazi della Gipsoteca del Complesso del Vittoriano, dove resterà fino al 2011, a chiusura del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, per poi trasformarsi in una sorta di «museo itinerante».
«Sarà il Vittoriano, casa della memoria e degli italiani, la sede del Mei perché vogliamo reinserire nella storia del nostro Paese una vicenda spesso considerata di serie B - spiega Alfredo Mantica, sottosegretario agli Affari Esteri - ma che è invece fondamentale per ricordare quanto tortuosa sia stata la strada verso l’unità».
Il Museo Nazionale dell’Emigrazione racconterà questa storia attraverso tre sezioni: la prima di carattere storico; la seconda dedicata alle realtà regionali; l’ultima a carattere interattivo, secondo il progetto di un museo vivo e in evoluzione che deve confrontarsi con una realtà fatta di 3.853.614 italiani residenti all’estero, secondo gli ultimi dati dell’Aire (l’anagrafe che si occupa dei connazionali che vivono fuori dal nostro Paese).
Letteratura e cinema, documentari e musica, testimonianze audio, foto, pubblicazioni d’epoca ma anche oggetti e documenti che raccontano di una lunga avventura che parte con le migrazioni pre-unitarie per arrivare all’attuale realtà delle comunità italiane sparse per il mondo. Questo primo museo nazionale dedicato all’esperienza migratoria degli italiani «per una volontà politica precisa - sottolinea il sottosegretario ai beni artistici e culturali Francesco Giro - non sarà il museo della seconda Italia, ma della nostra italianità non il museo della vergogna e della nostalgia, ma dell’orgoglio italiano, e ci aiuterà a celebrare la nostra unità nazionale che si è disseminata nel mondo attraverso il valore del lavoro».
Particolarmente rivolto alle scuole il museo, diretto e coordinato da Alessandro Nicosia, racconterà anche del contributo che i migranti italiani hanno dato alla conoscenza dell’Italia nel mondo; contadini, operai, piccoli imprenditori che hanno saputo unire le diverse provenienze regionali in un’identità condivisa: quella di italiano all’estero. Uomini e donne che hanno lasciato casa e affetti per inseguire il sogno di un futuro migliore.

«Mi avevano detto che in America le strade erano lastricate d’oro - scrisse uno di loro, emigrato negli Stati Uniti, in una lettera alla madre - invece sono di cemento. Non solo: ho anche scoperto che quel cemento dovrò mettercelo io».

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