Vittoriano I germi provocatori? Dada e surrealisti

Vittoriano I germi provocatori? Dada e surrealisti

Quando un’avanguardia arriva a sentenziare che la bellezza è morta è il momento di preoccuparsi. E immaginare una proliferare, da quel momento in avanti, di provocazioni che mirano a spiazzare più che ad arricchire culturalmente l’osservatore. Chi mantiene uno sguardo scettico di fronte all’arte contemporanea dovrebbe quindi fare un giro al Vittoriano dove oggi si apre la mostra «Dada e Surrealismo riscoperti». Lì infatti potrà trovare il virus che ha contagiato l’arte concettuale di tutto il ventesimo secolo. Il padre del Dadaismo sentenziò nel 1918 che «l’opera d’arte non deve essere la bellezza in se stessa perché la bellezza è morta». Parole pesanti, diremmo noi oggi. Parole che caratterizzano proprio il Manifesto Dada. E della prima stagione di questa «disposizione d’animo» più che corrente artistica, la mostra curata da Arturo Schwarz parte per offrire uno sguardo d’insieme non solo sul lavoro dei grandi protagonisti ma anche dei minori che - come si sa - spesso sono più indicativi per capire le ragioni e i valori di una scuola e di un canone. Oltre 500 opere tra sculture, manifesti, assemblaggi, olii, collage e i celebri disegni automatici, ripercorrono la nascita e il susseguirsi dei manifesti Dada e surrealisti, dal secondo decennio del XX secolo fino agli anni Sessanta compresi. Perché è indubbio che l’influenza di queste correnti abbia influenzato il lavoro di gran parte dei grandi artisti del Novecento. Suggestioni e idee che hanno i padri nobili nelle opere di De Chirico, Chagall, Klee, Munch e Duchamp (e i suoi ready made). Qui presenti nella sezione dedicata ai precursori.
Tra i dadaisti fanno bella mostra soprattutto le opere di quelli coinvolti nella prima mostra collettiva (1920), tra cui Francis Picabia, Hans Arp, Max Ernst e George Grosz.
Nello stesso periodo incubavano le intuizioni di Andrè Breton, che andava maturando le sue convinzioni leggendo Alfred Jarry, Sigmund Freud e Guillaume Apollinaire. Il suo primo manifesto surrealista arriva nel 1924 quando dà forma e sostanza a «fantasmi» già ben presenti nel panorama europeo. Poi ci pensano gli artisti a mettere in «bella mostra» poetica e provocazioni surreliste. Al Vittoriano trovano posto, tra gli altri, le tele di Giorgio De Chirico, Jean Arp, Robert Desnos, George Malkine, Man Ray Joan Mirò, Pierre Roy e lo stesso Picasso. E con la cosiddetta «seconda ondata» surrealista i due movimenti trovano un punto di fusione.

Stili e poetiche sono le più svariate, ma l’obiettivo di scalzare la ragione dalla sua posizione di dominio nell’elaborazione artistica vede tutti d’accordo: da Costantin Brancusi a Salvador Dalì, da Graham Sutherland a Yves Tanguy.
Complesso del Vittoriano, via San Pietro in Carcere. Fino al 7 febbraio. Info: 06. 6780664.

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