È vivo il cane del piccolo Tommy Trovato a 30 chilometri da Parma

Era scomparso alla vigilia del sequestro. Riconosciuto da un contadino

È vivo il cane del piccolo Tommy Trovato a 30 chilometri da Parma

Andrea Acquarone

nostro inviato a Parma

Paolo Onofri, due giorni fa, aveva chiesto ai rapitori una prova: «Datemi il segnale che mio figlio è vivo». Dal nulla dalla campagna parmense è arrivato Tody, il cane di Tommaso, il bastardino scomparso qualche giorno prima del sequestro. Il rebus ora è tutto qui: è un caso o un segno?
Alle quattro del pomeriggio il cielo sopra Parma d’improvviso buca il grigio colorandosi di un sole stanco. Sarà una coincidenza, il solito strano scherzo del destino. Ma è proprio in quel momento che sul sequestro del piccolo Tommaso si intravvede finalmente un nuovo, vero, raggio di speranza: c’è un ritrovamento importante, forse la prima reale, concreta, traccia su questo sequestro che da ormai tre settimane annichilisce l’Italia. Ed è una traccia che si muove, respira, scodinzola tremante alla vista dei suoi padroni: la famiglia Onofri. Ecco il colpo di scena, purtroppo non è ancora Tommaso, ma di fronte al nulla, al silenzio dei giorni trascorsi tra angosce e velenosi sospetti, rivedere Tody riaccende il sorriso.
Siamo a una trentina di chilometri dalla casa in cui giovedì 2 marzo è stato rubato questo bimbo malato d’epilessia. Il fiume Taro passa qui accanto. È un contadino a dare l’allarme, ha riconosciuto il meticcio col muso pezzato di bianco, grazie alla foto apparsa ieri sulla Gazzetta di Parma. Prima chiama il giornale, poi i carabinieri del posto. Tody stava vagando sperduto nel suo campo. Lui lo ha preso, aspettando l’arrivo dei militari che lo prenderanno poi in consegna. Da Martorano, nel frattempo, partono il papà e la mamma di Tommy, a Bologna gli investigatori finalmente hanno una certezza: tra le tante piste seguite, ci deve esser quella giusta. «Il caso è delicato, ma siamo ottimisti sulla possibilità che possa emergere qualche altro dato importante», le uniche, stringate parole del comandante dei Ris Luciano Garofano.
Chi indaga non vuole concedersi l’entusiasmo. Il cagnolino - spiegano i detective che non vogliono apparire - potrebbe essere stato anche abbandonato molto più lontano ed essersi ritrovato a Sissa dopo giorni di marcia cercando di ritrovare la strada di casa. Oppure un’altra ipotesi: chi lo teneva potrebbe averlo trasportato dalla parte opposta a quella in cui tiene rinchiuso questo bimbo di diciotto mesi strappato ai genitori. Per depistare, per allontanare la morsa delle decine di poliziotti e carabinieri che ogni giorno setacciano la zona tra Parma, Reggio Emilia e Mantova.
Oggi però va bene così. C’è un segnale. Paolo Onofri non aveva mentito: Tody è davvero lui, sotto la pelle ha davvero il microchip di cui il direttore delle Poste aveva accennato fin da subito dopo il rapimento. Intanto parla ancora l’avvocato di famiglia Claudia Pezzoni, che l’altro giorno ha presentato istanza al procuratore Pietro Errede chiedendo di togliere i sigilli che impediscono a Paolo e Paola Onofri di tornare nelle propria abitazione. «Per quanto ne so non c’è stata alcuna richiesta di riscatto». Poi la legale ribadisce che non vi sarebbero collegamenti tra le indagini sulla scomparsa del piccino e quelle sulla pedopornografia. Gli inquirenti sembrano ora puntare sulla pista della criminalità locale, quella sedimentatasi dopo anni di confino in queste terre per i malavitosi pizzicati al Sud. Tanti siciliani e soprattutto calabresi. Proprio come l’accento - ha sempre detto il padre del piccino - che aveva uno dei due malviventi.
Ieri l’ennesima segnalazione, stavolta da Fontanellato. Due ragazzi hanno notato un uomo, alto, coi capelli lunghi e dalla cadenza calabrese, entrare nel bar davanti al santuario. Con sé teneva un bimbo. Secondo loro, proprio, Tommaso. Sono arrivati i carabinieri, hanno sequestrato bicchiere e cannuccia dal quale il bimbo aveva bevuto. Confronteranno il dna.
A proposito di segnalazioni.

Da ieri i 72 taxi di Parma viaggiano con la foto di Tommy apposta sul lunotto delle loro auto: l’idea è venuta ai responsabili della società Radiotaxi e ha trovato l’immediata adesione del «Comitato per la liberazione di Tommaso». A questo punto, tutto può tornare utile.

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