Roma Un colpo di scena per il «caso Tremonti». Il deteriorarsi delle relazioni tra il titolare del Tesoro e le componenti Pdl di esecutivo e maggioranza potrebbe indurre il ministro all’estremo passo, quello delle dimissioni. Già minacciate in passato, per la verità, ma questa volta è tutto diverso. Anche se Berlusconi sarebbe ovviamente intenzionato a respingerle. E ieri in tarda serata - dopo una prima chiamata «preparatoria» di Gianni Letta - il premier, in trasferta nella dacia di Putin, ha telefonato al ministro per rassicurarlo e organizzare un colloquio chiarificatore, già fissato per stamattina prima del Consiglio dei ministri.
Le prime avvisaglie delle difficoltà per Tremonti già mercoledì scorso, quando il sito notapolitica.it ha diffuso un documento nel quale si sottolineava che «le scelte di politica economica fin qui fatte non appaiono sufficienti». Il «decalogo», elaborato dagli spin doctor gravitanti attorno ad autorevoli esponenti del Pdl, propone l’adozione di una serie di misure che spaziano dall’abbassamento della pressione fiscale all’aumento dell’età pensionabile a una ridefinizione del rapporto con gli istituti di credito privati. Azioni in netto contrasto con il rigore dei conti pubblici propugnato da Tremonti.
Il secondo evento appare ancor meno piacevole. A margine della cena di Aspen Italia (presieduta dal ministro) in onore dell’ambasciatore Usa Thorne, riferiscono alcune fonti, il sindaco di Roma Gianni Alemanno avrebbe avuto un alterco dai toni particolarmente accesi con Tremonti, «reo» di aver espunto dalla Finanziaria gli stanziamenti per le infrastrutture. La circostanza del battibecco è stata negata dal Campidoglio, ma non è un segreto che i rapporti non siano idilliaci.
Il terzo «colpo» è rintoccato nella notte, quando il ministro dell’Economia è stato informato che all’assemblea della Cna Gianni Letta avrebbe letto un messaggio del premier nel quale si faceva riferimento al «taglio graduale dell’Irap». L’annuncio di Berlusconi è tutto inscritto nel programma di governo presentato nel 2008. Sorprendente è però la tempistica: il premier ha lanciato una volata lunghissima in vista delle Regionali 2010 proponendo un provvedimento di spesa, sia pure graditissimo alle imprese, ma di spesa. Facendo così mancare una sponda a un ministro che il premier ha difeso pure nella querelle del «posto fisso».
Dopo una notte concitata e una giornata, quella di ieri, nella quale Tremonti è rimasto silente, sarebbe maturata l’idea delle dimissioni. Secondo quanto apprende il Giornale, l’atteggiamento del presidente del Consiglio sarebbe quello di respingerle e ripartire ancor più decisamente con l’azione di governo. La «politica del fare» non ammette tempi morti.
La vicenda non resterà senza strascichi. La strategia attendista di Tremonti, da un lato, ha prodotto una sostanziale tenuta dei conti pubblici dinanzi alla crisi ma, dall’altro lato, ha imposto più di uno stop alle richieste degli altri esponenti di governo. I ministri Fitto e Prestigiacomo sono stati molto critici verso la Banca del Mezzogiorno, promossa dal ministro prima ancora di mettere nero su bianco il piano per il Sud.
Ma Umberto Bossi avverte gli alleati: «Tremonti è intoccabile». La Lega non accetta cambi in corsa, ora la palla passa al premier.
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