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Ma la voglia d’immunità contagia l’opposizione

RomaLa parola immunità, intesa come tutela parlamentare dai processi, è vocabolo proibito in questo momento al di fuori del Popolo della libertà. È un «insulto» per Dario Franceschini, una «follia» per Pier Ferdinando Casini. Ma consultando i disegni di legge depositati alla Camera e al Senato si scopre che sulla reintroduzione dell’immunità c’è tutto un fioccare di proposte. Non dell’ultima ora, ma da inizio legislatura. E non soltanto da parte del Pdl, presente nell’elenco con tre iniziative. Si trovano ddl di un ex Pd, di un folto drappello di Udc. È un partito dell’immunità piuttosto trasversale, ma che si guarda bene dal palesarsi. Cossiga a parte.
Al presidente emerito va riconosciuto senza dubbio il maggiore zelo nel chiedere il ritorno per gli onorevoli allo «scudo» totale, reso parziale con una riforma del 93 seguita a Tangentopoli. Sotto il nome Francesco Cossiga risultano cinque proposte di legge per reintrodurre l’istituto dell’autorizzazione a procedere secondo l’originario articolo 68 della Costituzione. Ma il senatore a vita è l’unico - in questo silente partito delle tutele parlamentari - a rivendicare la sua appartenenza. Gli altri, muti come pesci.
A Montecitorio si trova per esempio un progetto di legge di riforma costituzionale, il numero 1390, depositato il 25 giugno del 2008 da Pierluigi Mantini, che all’epoca era un eletto del Pd (dal 27 marzo è passato nell’Udc) e che non risulta abbia ricevuto censure pubbliche dall’ex segretario Walter Veltroni per la sua idea. Questo testo è controfirmato da quattro deputati dell’Udc (Tabacci, Galletti, De Poli, Libè), e prevede che il «membro del parlamento rinviato a giudizio» possa chiedere alla Camera alla quale appartiene «la sospensione dell’azione penale nei suoi soli confronti per l’intera durata della legislatura». L’autorizzazione a procedere verrebbe quindi concessa o negata dall’assemblea anche per il procedimento, non per l’eventuale richiesta di arresto. L’immunità sarebbe indubbiamente più estesa rispetto a quella attuale. La proposta di legge «intende offrire una soluzione ragionevole, equilibrata» per «evitare lo scontro tra politica e giustizia che determina grave danno al Paese».
Non è molto diverso il ddl 893. La paternità è di un altro centrista, Gianpiero D’Alia.

Anche qui si chiede un’integrazione dell’articolo 68, precisando che «senza l’autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del parlamento può essere sottoposto a procedimento penale». Le Camere dovranno fornire puntuali motivazioni al rifiuto. Nel caso, per esempio, in cui possono dimostrare che l’azione dei magistrati contro l’eletto è «intrapresa per motivi persecutori»...

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