«Voleva scappare in Brasile La sua morte è collegata alla vicenda del governatore»

RomaL’alveare del «sesso strano» di via Due Ponti è scosso. Un’arnia ha preso fuoco nella notte e l’ape Brenda, quella invischiata nell’affaire Marrazzo, ci ha lasciato la vita. Una morte orrenda, che ora fa tremare tutta la colonia trans che qui vive, lavora e produce trasgressione per una manciata di euro, sette giorni su sette.
Ieri sciamavano le volanti della polizia, normalmente è un via vai di auto normali. «Anche berline, macchine di grossa cilindrata con dentro volti noti, personaggi importanti, politici ma non solo: giornalisti, imprenditori, avvocati, sportivi, gente della tv», ammette un trans che bazzica una delle quattro palazzine di via Due Ponti. Un girone dantesco fatto di monolocali quasi tutti uguali: salotto con cucinino a vista, microbagno e spesso un soppalco col materasso a una piazza e mezza. Nel caseggiato è un trionfo di panni stesi, antenne paraboliche, balconcini che si affacciano su uno spaccato di Roma godereccia, degradata e perversa. Un mondo decadente e buio dove, proprio perché così fatiscente, amano sguazzarci persone insospettabili. Gente per bene che, alla Pasolini, paga per uno svago «per male». È sempre stato così ma poi, da quando è scoppiato il caso Marrazzo, «le cose sono cambiate: troppi riflettori puntati addosso, troppi giornalisti, troppe maldicenze su di noi. Siamo persone normali». Si conoscono tutti qui e sono tutti conosciuti. Trans ma non solo. Le vespe del sesso a pagamento dividono i propri ballatoi con uomini, famiglie con bambini, molti extracomunitari e tanta gente di colore: immigrati di seconda generazione che, con la pelle scura, hanno accenti da borgata. Oggi è il giorno delle lacrime per molti di loro. Gli amici di Brenda lo difendono a spada tratta: «Era così buona, le volevo bene. L’ultima volta l’ho vista ieri notte, sul tardi - dice Barbara, amica del cuore, sconvolta dalla brutta fine del collega - era preoccupata, aveva paura. Mi aveva detto che voleva scappare, andarsene via, tornarsene in Brasile». Era stato minacciato? Barbara cerca di nascondere dietro grossi occhiali scuri i segni di una notte passata tra sesso, alcol e un risveglio da incubo: «Brenda aveva problemi di soldi ma gliel’ho sempre detto, anche ieri notte: “Tesoro, se hai bisogno conta su di me”». Una vita sfilacciata, violenta, estrema, quella di Brenda, una decina di giorni fa aggredito e derubato del suo telefonino. Un primo avvertimento? Il trans Alessia confessa: «Mi aveva detto che voleva togliersi la vita, ma credo che in questa morte c’entri il caso Marrazzo. Brenda non ce la faceva più, da quando gli avevano rubato il cellulare aveva paura. C’è una banda di romeni, quattro o cinque in tutto, che gira da qualche settimana con un’auto blu chiara e ci aggredisce. Molte di noi ora vogliono tornarsene in Brasile». Per il trans Veronica, invece, un’ora in questura a parlare con gli investigatori, Brenda s’è tolta la vita: «Aveva già tentato il suicidio più volte: tempo fa aveva pure bevuto dell’ammoniaca».
Nelle parole di un’altra lucciola dalla voce baritonale c’è più rabbia che dolore: «Siamo tutte terrorizzate. Ci trattano come dei mostri e non riusciamo più a lavorare». Nell’alveare vivono pure transessuali che si sono sistemati: un compagno con un lavoro e addio alla strada, alle marchette, alle albe tirate con i clienti. Qualche brasiliana non si stupisce più di tanto di quanto accaduto a Brenda: «Purtroppo è così. Anche le trans che bazzicava Ronaldo in Brasile... Basta un pugno di euro e...», poi via a fare il segno della pistola con indice e medio tesi e il pollice tirato su a grilletto.
Sul retro del palazzo, in cui nessuno crede all’ipotesi di un suicidio o di un incidente, c’è pure chi svela che questa isola trans è spaccata in due: «La maggior parte è gente tranquilla, per bene. Fanno quello che fanno in silenzio, nel più assoluto rispetto della comunità. Certo, Brenda e le altre... Non tante, saranno tre o quattro: schiamazzi, whisky e...», e il dito corre sotto le narici. Cocaina, sesso e un continuo e disperato bisogno di soldi.

E mentre qualcuno ci prova: «Ti faccio vedere il mio appartamento e mi lascio intervistare se mi dai 300 euro», dalla vicina via Gradoli il trans Natalie conferma: «Non era mia amica e io non temo nulla perché non ho fatto niente».

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