Per una volta gli attori «non protagonisti» diventano divi

Sono lì, sullo sfondo dello schermo, e ci mettono la faccia. Alla fine del mese, la pagnotta la portano sempre a casa. E può anche capitare che, insieme alla pagnotta, si portino anche un Oscar. Come migliore attore non protagonista. Sono i non protagonisti, quella categoria di attori che trascorrono la carriera in un segmento che ha due vertici ben precisi: caratterista da una parte, non protagonista dall’altra. Più in là non si va, o se si va non è certo sul grande schermo, bensì sul piccolo. Un esempio? Angela Landsbury, diventata icona da serial tv nei panni della Signora in giallo Jessica Fletcher, mentre al cinema strappava (solo) preziosi ruoli da non protagonista. Chi ha buona memoria la ricorda, giovane e antipatica cameriera di un perfido Charles Boyer nel claustrofobico Angoscia, giallo del 1944 diretto da George Cukor. E dunque, festeggiamoli questi attori non protagonisti. Lo fa Studio Universal (Premium Gallery sul dtt) con un ciclo in prima tv che è in onda fino a fine mese: quattro puntate al martedì dedicate ai cosiddetti «ruoli secondari». Studio Universal ha scelto quattro volti come Brian Dennehy, Patricia Clarkson, Joe Pantoliano e la più nota Olympia Dukakis (Oscar migliore attrice non protagonista nel 1988 per Stregata dalla luna di Norman Jewison). Ma questi sono solo quattro simboli di una variopinta, preziosa umanità da set che, se non ci fosse, qualche film scivolerebbe dalla memoria dello spettatore in un amen. Tra i fuoriclasse della categoria basti citare due nomi: Ernest Borgnine, piccolo grande uomo che, quando gli fu data una singola occasione da protagonista (Marty, 1955) si mise in saccoccia l'Oscar, e Robert Duvall, che cominciò la carriera spuntando da dietro una porta, senza dire una parola, ne Il buio oltre la siepe (1962). Faccia indimenticabile è sicuramente quella di John Cazale, il Fredo Corleone de Il Padrino, nonché gregario ne Il Cacciatore. Più recentemente, impossibile non citare Joe Pesci, terrificante gangster di Quei bravi ragazzi di Scorsese. E cosa sarebbe stato il pluri-oscarizzato Titanic senza la libidine di poter detestare il cattivo Billy Zane, ostacolo all’amore tra Kate Winslet e Leo Di Caprio? Una vera manna per i caratteristi è stato, ultimamente, Quentin Tarantino: a lui e all'amico Robert Rodriguez si devono ghigni da B-movie come quello, clamoroso, del messicano Danny Trejo, recente protagonista (!) in Machete. E poi, ci sono i volti di casa nostra, piccoli grandi eroi da commedia. Poche settimane fa i giornali hanno dato la notizia della scomparsa di Anna Longhi, mitica moglie «buzzicona» di Alberto Sordi in Dove vai in vacanza?, una vita sullo sfondo di film come Il ritorno di Monnezza ma anche, ebbene sì, di Il talento di Mr. Ripley. Signor attore di teatro, epperò caratterista sullo schermo era Adolfo Celi, spesso sublime cattivo, così come ottimi attori forzati al cine-gregarismo furono i fratelli Carlo e Aldo Giuffré e Renzo Montagnani.

Meno celebri, l’eterno vecchietto Carlo Pisacane, la trasteverina Ada Crostona, la compianta Sora Lella Fabrizi, il belloccio Alberto Farnese, il non altrettanto belloccio Ennio Colaianni, la coppia cult Bombolo e Cannavale, il baffuto e strabico Alberto Postorino, il «duro» Giampiero Albertini, Alvaro Vitali, l'eterno commendatore Camillo Milli. Dietro di loro, tanti altri faticatori del set, un esercito di facce che amiamo non dimenticare.

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