Il voltafaccia di Sistani, guida degli sciiti iracheni: «Attaccate gli americani»

L’ayatollah abbandona le posizioni moderate e minaccia la «guerra santa» se gli Usa resteranno altri cinque anni nel Paese

Sono solo parole, ma pesano come bombe e minacciano di far più danni di tutti gli attentati suicidi di Al Qaida e di tutte le operazioni lanciate dai guerriglieri sciiti di Moqtada Sadr. Sono le parole del grand ayatollah Alì Sistani e - per la prima volta in cinque anni - parlano di guerra, insurrezione e rivolta armata contro gli occupanti americani. Lui, il “grande vecchio”, l'ayatollah quasi ottantenne considerato la massima autorità spirituale e religiosa di tutti gli sciiti iracheni, non aveva mai oltrepassato quella sottile linea rossa. Aveva criticato, giudicato, condannato, ma non aveva mai giustificato la lotta armata contro gli americani, non aveva mai invitato gli iracheni a partecipare alle azioni della guerriglia. Adesso l'ha fatto. Le sue parole, pronunciate davanti ad una quindicina dei suoi più fedeli collaboratori sono già una fatwa strisciante, un ambiguo editto religioso capace - se reso pubblico - di aprire una nuova e più sconvolgente spirale del conflitto iracheno. L'avvertimento contenuto in quella fatwa “silenziosa” è tutto legato alle voci di un imminente accordo tra Washington e il governo iracheno di Nouri al Maliki per ratificare altri cinque anni di presenza americana nel paese.
L'insidiosa virata del leader spirituale sciita è stata divulgata dai suoi collaboratori, anche se in maniera confidenziale, poche ore dopo l'incontro tra Sistani e Al Maliki. Il primo ministro, presentatosi giovedì nella città santa di Najaf per rendere omaggio al grand ayatollah, non è arrivato lì per caso. Le voci del pericoloso dietrofont erano già filtrate dai circoli religiosi di Najaf e avevano contaminato la relativa tranquillità della "zona verde" di Bagdad dove governo ed emissari dell'ambasciata di Washington lavoravano all'accordo destinato ad ufficializzare, entro giugno, altri cinque anni di presenza americana. Al Maliki, messo al corrente della fatwa imminente, si è precipitato a Najaf per riconquistarsi il "silenzio" del grand ayatollah. Il premier sa bene cosa succederebbe se l'anziano ayatollah decidesse di esprimere esplicitamente le sue idee sul sito web dove ogni giorno risponde ai suoi fedeli. Un istante dopo la maggior parte degli sciiti, il 65% cento degli iracheni, disconoscerebbe la legittimità del governo “amico degli invasori”, trasformerebbe la rivolta monopolio delle frange estremiste di Moqtada Sadr in un movimento generalizzato. Il crescente seguito guadagnato dal giovane e aggressivo Sadr con le sue minacce di guerra aperta agli americani seguiti da rapidi dietrofront ha senza dubbio contribuito al cambio di rotta di Sistani.
Il grand ayatollah, consapevole di star perdendo terreno a favore del più virulento concorrente, punterebbe a riconquistare i consensi perduti rendendo pubblica quell'ostilità anti-americana fin qui attentamente dissimulata. «Passare dal tirannico regime di Saddam Hussein ad una invasione ed un’occupazione che hanno creato tante e tali tragedie - ha scritto di recente il grand ayatollah sul suo web - non era certo ciò che ci aspettavamo».
Anche i portavoce del suo ufficio a Najaf pur non riconoscendo ufficialmente il cambio di rotta fanno capire che la chiamata alla “guerra santa” potrebbe essere imminente.

«Al Sistani - ha dichiarato uno di loro all'Associated Press - rifiuta la presenza americana e ritiene che alla fine gli americani pagheranno un pesante prezzo per i danni e le sofferenze inflitti alla nazione irachena».

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