Laura Rio
nostro inviato
a Los Angeles
«Non ho fatto l'attrice per diventare una star. Ma per raccontare le storie delle persone. Di quelle più umili, come me che vengo da una famiglia poverissima. Ho incarnato il sogno di tanti poveracci che improvvisamente si ritrovano in un mondo dorato». Hilary Swank con poche frasi racconta tutta se stessa: a 31 anni è una delle attrici più richieste di Hollywood ma rimane una persona semplice, disponibile, che non dimentica le sue origini. Di passaggio a Hollywood (lei vive a New York) per rifinire alcune scene di Black Dahlia, il film diretto da Brian De Palma, lascia il set per incontrare i giornalisti italiani convocati da Sky in una sala del Kodak Theatre di Los Angeles, il tempio del cinema americano. «Tra me e il vostro Paese - dice - c'è un feeling che non so spiegare». E sforzandosi di pronunciare qualche parola in italiano assicura: «Voglio imparare la vostra lingua. Poi vengo da voi per recitare in film italiano». E da quale regista le piacerebbe essere diretta? «Da Gabriele Muccino». La parola al regista de L'ultimo bacio.
Non sarà facile però trovare in Italia sceneggiature interessanti come quelle che hanno dato a Hilary Swank il successo: Boys Don't Cry con cui vinse l'Oscar nel 1999 e Million dollar baby con cui lha bissato quest'anno. La vicenda di Maggie nel film di Clint Eastwood rispecchia la vita difficile proprio di Hilary. Abbandonata dal padre quando aveva sei anni, allevata da una madre poverissima, ha vissuto a lungo in una roulotte e per cercare fortuna a Hollywood a 15 anni ha lasciato Bellingham, nello Stato di Washington, dove è nata nel 1974.
Calarsi nei panni di Maggie (ragazza che trova nella boxe il riscatto sociale) è stato per lei come ripercorre la sua vita?
«Io so da dove vengo. Non me ne vergogno. Per me diventare attrice e vincere addirittura due Oscar è stato realizzare un grande sogno. Ora sono ricca e famosa, ma dentro sono rimasta quella di una volta. Mi circondo degli amici di un tempo e della mia famiglia per ricordarmi sempre chi sono».
Per questo ha deciso di vivere a New York (con il marito Chad Lowe sposato nel 1998) e di restare lontana dalla confusione hollywoodiana?
«Sì, perché lì posso fare una vita più normale, posso permettermi di essere anonima...».
Dopo film come questi, non sarà facile restare nel solco del cinema indipendente e impegnato...
«Non temo le grandi produzioni di Hollywood. Che ci sia un budget grande o piccolo per me fa lo stesso: minteressa solo la storia che il film racconta».
Nella sua ultima pellicola abbandona ruoli maschili (in Boys Don't Cry interpretava un ragazzo) e veste i panni di una femme fatale...
«Mi affascina molto l'idea di raccontare il sottobosco hollywoodiano, le vicende di queste ragazze disposte a tutto. Interpreto un'amica di Black Dahlia, l'ex prostituta uccisa. Assieme a Scarlett Johansson, seduco i due poliziotti incaricati di indagare sull'omicidio. Non è molto diverso dallo stare su un ring».
Nel sottobosco di Los Angeles è passata anche lei...
«Ho conosciuto questo mondo nei miei primi anni di audizioni, di sacrifici. È stato molto duro. Il successo è arrivato grazie alla preparazione e a tanta fortuna».
Come è stata accettata dallo star system hollywoodiano?
«Senza problemi, con affetto. Mi sono accorta di farne parte all'improvviso: mi sono svegliata con in mano l'Oscar. Mi guardavo attorno e non credevo ai miei occhi. Ero una di loro».
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