Vulcano cattivo? La natura sa fare molto di peggio

Caro Granzotto, il vulcano islandese che finisce con kull sembra intenzionato a prendere per il kul tutti i bravi ambientalisti del mondo. La nube di ceneri emesse dal vulcano (apparentemente molto sottili) supera i 10.000 m di altezza e si estende a poco a poco su tutta l’Europa. Il fenomeno durerà a lungo? Credo che nessuno lo sappia. Questa eruzione ricorda da vicino le catastrofiche eruzioni dei vulcani Perbuatan ed Anak Krakatoa, entrambi sull’isola Krakatoa. La nube di polveri sottili potrebbe rimanere sul nostro capo per alcuni anni e provocare un «raffreddamento climatico» (già annunciato!), che ancora non sappiamo se sarà considerato un premio del Cielo per compensare il «riscaldamento climatico» in atto oppure un nuovo disastro ambientale da aggiungere a questo... Non è improbabile, comunque, che a qualcuno venga in mente di attribuire questo nuovo e drammatico evento alle «emissioni gassose» o altre «porcherie» provocate delle attività dell’uomo, in particolare quelle dell’Occidente capitalista. Ma, in questo caso, come potrà essere modificata la ripartizione delle spese del Protocollo di Kyoto? E cosa faranno i sindaci delle città italiane per porre rimedio alle polveri sottili? Aerei a terra e biciclette nei cieli?
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Dato che non è bello sparare sulla Croce Rossa - nel nostro caso rappresentata da quegli incommensurabili fessi che sostengono l’origine umana di un gigantesco fenomeno naturale quale il (sedicente) riscaldamento globale - mi ripromettevo di non tornare sulla eruzione dell’Eyjafjallajökul. Però, siccome tanti amici lettori come lei, caro Gallo, mi hanno bombardato con fax e mail sollecitandomi a dir la mia, la dico. Quella del vulcano islandese è solo una sbruffatina: la natura sa fare di più e di meglio. Va detto che in questo caso essa, la natura, Terra Madre come sdolcinatamente è chiamata degli incommensurabili fessi di cui sopra, ha ben calcolato costi e benefici. Sbruffatina sì, ma capace di mettere in ginocchio tutta una umanità che si mette a piangere, che si dispera se costretta a rinunciare al volo, mettiamo, Milano-Palermo. E che invece di ringraziare il cielo per essersela cavata con un disagio da niente, visto quel che può fare la natura quando ci si mette sul serio, non trova di meglio che chiedere il rimborso del biglietto (a chi, a Terra Madre?). Lei, caro Gallo, ha ricordato la devastante eruzione del Krakatoa, che di danni ne causò assai, ma sempre meno di altri scossoni della Terra, che in quanto a tiri mancini ne sa una più del diavolo. Prenda il malmostoso risveglio del vulcano di Thera, l’attuale Santorini tanto apprezzata dal turista: una intera civiltà, quella minoica, si spazzò via. Alzò un pennacchio di cenere sui 100 chilometri cubi di volume e originò uno tsunami con onde di ottanta metri che s’abbatterono come un maglio su Creta e dintorni. Ritiratasi l’acqua, dal cielo piovvero tonnellate e tonnellate di cenere di pomice (uno strato di 60 metri, a Santorini) che sterilizzarono le terre circostanti. E per i sopravvissuti fu la fame. Nera. La nube permase a lungo, generando sull’Egitto frequenti e furiosi temporali e un lungo squinternamento climatico. Prese poi a muoversi arrivando fino in Cina dove diede origine a una nebbia gialla dalla quale la luce del sole traspariva fortemente impallidita, gelo a luglio e inaridimento dei cereali. E noi facciamo tutto questo diavolo a quattro per il temporaneo blocco dei voli sul Nord Europa? Ma via, diciamo che c’è andata bene. Di lusso, poi, se ci mettiamo la Waterloo degli ambientalisti di area catastrofista. Se mai era in corso, la sbruffatina rimanda a data da destinarsi il riscaldamento globale.

E in archivio il Protocollo di Kyoto. Cose che se non fossimo quelli che siano, cioè generosi anche con gli incommensurabili fessi, ci farebbero gridare: forza Eyjafjallajökul! (Ma che razza di nome sono andati a trovargli, a quel povero vulcano?)

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